topolino


10 marzo 2016

Nuits-Saint Georges

Si riparte.
Con un alba che si annuncia radiosa e con un cielo con quella sfumatura di verde prodotta dal blu della notte che si fonde con il giallo di un sole ancora lontano, ci mettiamo in marcia sotto l'occhio vigile delle pale a vento che dall'alto delle colline che guardano il litorale, con i loro occhi rossi che ne segnalano la presenza, è come se avessero il compito di ricordarci che con giornate che si presentano con simili presupposti  l'unico stato d'animo possibile, è la serenità.
Inauguriamo così, nel migliore dei modi, l'inizio dei festival del 2016 diretti verso questa nuova località, situata a sud di Dijon, escludendo ovviamente Angouleme, diventata quasi una consuetudine annuale e quindi elevata a rango istituzionale.
Jean-Luc Viano, conosciuto l'anno scorso a Villefranche, in realtà mi aveva invitato qualcosa come circa dieci mesi fa ed io, come sempre, pur dando un ok di massima, mi ero riservato di riparlarne in tempi più recenti, pur segnandomi la data sull'agenda.
Poi nessuno si era fatto più sentire, ma io, fedele alla segnalazione sul planning annuale, l'avevo data per scontata. È stato così che risentendolo in attesa del biglietto aereo che ovviamente non sarebbe mai arrivato, Jean-Luc, che aveva dato per persa la mia partecipazione, si è prontamente attivato e in quattro e quattr'otto tutto è stato pianificato con successo, e adesso sono qui a smanettare sull'Ipad, in attesa del volo per Roma.




Ore di quiete all'aeroporto di Roma, nella mattinata di venerdì, in attesa del volo per Lione. 

Ho il posto vicino al finestrino, al momento del check-in, se me lo chiedono, non riesco ad avere l'indifferenza di chi, viaggiando frequentemente (ed ormai anch'io appartengo a questa categoria di privilegiati), se ne fregano dell'opportunità della visione aerea, e scelgo sempre la possibilità di sbirciare il panorama, con quella curiosità un po' bambina che ricordo nel mio primo viaggio in aereo in transoceanica, per andare in America, quando da 10.000 metri mi scoprivo ad osservare l'immensità dei mari, con la speranza di rilevare un cargo, una nave con la sua minuscola scia e il carico di storie e di avventura che immaginavo trasportasse.
Sono stanco, ed avrei propensione ad un sonnellino ristoratore, ma non posso distogliere lo sguardo dalle ombre, che il sole appena nato modella sul terreno scolpendo il territorio bellissimo della mia costa, la piattezza di un mare apparentemente calmo, e mi diverto a misurare mentalmente le distanze che conosco, immaginando la scala dei rapporti dimensionali che mi propone la visione aerea.
A questa distanza non c'è niente di mobile, anche le navi in mezzo al mare sembrano ferme, e questo still life naturale, contrasta con la frenesia che distingue le nostre vite, fatte di un affannarsi a fare cose, avere impegni, appuntamenti, in una corsa spasmodica verso non si sa bene dove. In un contesto del genere abbiamo la reale visione della nostra inutilità, ci sfiora, ma purtroppo solo momentaneamente, la consapevolezza della nostra transitoria esistenza e la relativa trascurabilità. Da qui, anche le persone più famose, le vedettes più adorate, i magnati più ricchi ed i principi più potenti sono invisibili e, se allontaniamo ancora di più il nostro punto di osservazione, neanche vediamo i segni della nostra presenza.
Siamo molecole.
Lo so, lo sappiamo, è tutta una questione di proporzioni, di punti di vista, del sonno che avrebbe fatto meglio a vincerci, per evitare di scrivere queste stronzate da venerdì mattina, allontanandoci così da questi nostri pensieri da filosofi della domenica, ma almeno lasciatemi illudere di avere scritto delle cose  profonde ed intelligenti, e di avere svelato quel l'aspetto poetico e sensibile che altrimenti non emerge mai dai miei report, e lasciatemi chiudere questo interludio affermando che è evidente che l'unica certezza che abbiamo, in una giornata come questa, è la bellezza del sole, dell'azzurro del cielo, e del fatto che siamo qui a goderne.
Ecco, l'ho fatto, adesso sono contento.

Bene, abbandono i vestiti del Fabio Volo de "noartri", e mi rimetto nei miei. L'unica cosa che posso annotare però, è che sono qui, all'aeroporto Leonardo da Vinci di Roma, in attesa che trascorrano quelle quasi quattro ore che mi separano dal volo per Lione, capite adesso perché tutto 'st'allungarsi di descrizioni ed elucubrazioni su dimensioni, trascurabilità dell'esistenza e colori naturali?
Ecco, appunto, è perché devo trascorrere il tempo.

Partenza per Lione in orario, nella hall dell'attesa siamo in pochissimi, saremo in cinque  o sei per una decina di gates, anche all'aeroporto esistono le ore di punta, sono arrivato ed era tutto un pullulare di gente freneticamente affaccendata che correva a destra e a manca, ed adesso regna la quiete più rilassante, neanche sembra di essere all'aeroporto di una capitale europea, nel giorno di chiusura della settimana e di preludio al weekend.
Comunque la compagnia con la quale voliamo è la Hop! come se arrivare a destinazione fosse come fare un salto con la corda, è un'associata ad Air France ed ci ho già volato precedentemente, l'aereo è pieno al 70% ed io ho la fortuna di non avere nessuno accanto, non che sia questo gran che, ma almeno posso inclinare le gambe per sottrarmi alla pressione delle ginocchia contro il sedile di fronte, è già qualcosa.
Il sole illumina la carlinga ed un tepore si irradia per tutto l'aeromobile.
Forse si dorme.
Comunque a Lione dovrei trovare altri italiani, oltre che a Jean-Luc a prenderci, dovremo essere in cinque o sei, per cui in questa occasione, dubito che ci eserciteremo con il francese.




Manifesto del festival.


Arriviamo in perfetto orario, e so che al Saint Exupery dovremmo aspettare, alla spicciolata, anche gli altri autori italiani per partire in direzione Nuits.
Qui ci trovo Jean Luc Viano, organizzatore del festival e istrionico personaggio che ci delizierà anche in seguito con le sue esuberanze.
In realtà dei connazionali è arrivato soltanto Federico Ferniani, fiorentino che è arrivato direttamente da Firenze, destinazione che, forse, potevo prevedere pure io. Mangiamo un boccone e ci facciamo due birrette in attesa degli altri che, pare, ritardino.
Insieme a noi Valery, altro volontario della manifestazione, qui insieme a Jean Luc per prendere gli invitati e portarli a destinazione, è il presidente della "casa del'popolo" e gestisce le iniziative culturali riguardo al cinema, cerchiamo di coinvolgere anche lui, insieme a Federico, nella spasmodica attesa che il tempo trascorra.
Gli altri ritardano.
Poi accompagnati da Jean Luc arrivano Antonio Sarchione con la famiglia, Paolo Deplano e Tommaso Bennato che avevo precedentemente conosciuti in altri festival, e la giovane Maria Nigna Riccio. Jean Luc, con spirito di servizio, resta in attesa dei ritardatari, ma spinge Valery ad accompagnarci intanto all'albergo, è ora che ci riposiamo un po', almeno per me, la giornata non è stata di tutto riposo.
Il viaggio per Nuits-Saint Georges è lunghetto, un paio d'ore sotto una pioggia battente ed un traffico intenso, io mi appisolo brevemente e per ben due volte grugnisco una russata che mi sveglia e che al contempo mi imbarazza un po', ma il rollio dell'auto e la stanchezza non mi sono amiche.
Arrivo all'albergo Ibis che è la nostra meta, breve riposo e poi pronti per il pranzo, anch'esso in albergo, nel frattempo sono arrivati anche Alessio Lapo e Simona Mogavino, già conosciuti un paio d'anni fa a Rive de Giers, simpatici piemontesi che viaggiano per la Francia in auto, ed erano arrivati perciò già da diverse ore.
Italiani con italiani, francesi con francesi, è la consueta dicotomia di queste occasioni, non per separazione nazionalistica, me perché le piccole comunità, intorno al desco alimentare, che oltre al foraggiamento è circostanza di chiacchiera e sollazzo, ognuno preferisce trascorrerla con i buoi dei paesi suoi.
La cena è simpatica e i miei colleghi, di cui alcuni a malapena conosco il lavoro, si intrattengono a base dei ricordi comuni, facendo partecipe del sottoscritto di situazioni curiose e che ascolto volentieri, ma di cui non conoscendo spesso i protagonisti, fatico a tenerne i bandoli.... e poi c'è anche da dire che non sono freschissimo, per cui la mia attenzione si presenta alle soglie di minima sopravvivenza.
Come si dice: si fa una certa... e quando arriva il buon Gianluca Maconi insieme a Paola, ultimi ritardatari, me ne vado a letto, come un buon padre che attende i figli per la nottata, e che quando questi arrivano si ritrae nelle proprie stanze.
Del resto per me la giornata è cominciata perfino prima dell'alzarsi del sole, e quindi "il mio dovere" credo di averlo fatto con dedizione.




La "Salle des Fetes", location del festival.

Sabato partenza per il festival, colazione internazionale e poi sul pulmino navetta che ci porta a pochi minuti da là.
Iniziano le dediche, faccio una breve puntata alla libreria e mi accorgo che di me hanno soltanto due libri Voodoo Serenade e, per fortuna, appena uscito in distribuzione appena il giorno prima La lama e la croce, praticamente gli ultimi due. Non so se essere contento o preoccupato, ho realizzato oltre la decina di libri in Francia, e l'idea di promuovere solo gli ultimi due mi sembra una circostanza un po' rachitica, per quanto forse potrebbe essere una mossa opportuna, anche se non cercata.
I dubbi scompaiono subito quando appaiono piano, piano i primi lettori, in un flusso che non si estinguerà fino alle 13,00 e poi fino alle 18,00 nel pomeriggio.

Pausa pranzo con catering all'interno (sotto) la sala delle feste, un un cave fatta sicuramente per la degustazione vinicola, attività imperante in cui tutto il paese e tutto il territorio limitrofo è impegnato, siamo nella Cote de Nuits e nella Cote d' Or, dove si produce tra il miglior Borgogna francese.
Il pranzo è buono ma ci appesantisce, consueta circostanza in cui incappiamo ad ogni festival che si presenti, almeno personalmente mi impongo un'attenzione al cibo che puntualmente tradisco, vilmente, fin dalle prime portate.
Risultato: la prima ora è un combattimento senza esclusione di colpi con l'apparato digestivo, ne esco sempre vincitore, fortunatamente, ma mi sono ritrovato in un paio di occasioni a socchiudere gli occhi e sbaffare un disegno, per un tentativo di abbiocco.




Una delle dediche, nello specifico: per Korri.

La sera ci facciamo portare in albergo, ma solo il tempo di scaricare borse e bagagli, avevamo capito male e si cena nuovamente nella stessa cave del giorno. Aperitivo a base di vinelli e stuzzichini (tanto il giorno avevamo mangiato poco), e poi diretti ad occupare tavoli attenti a mantenere sempre la stessa dicotomia: francesi-italiani.
Finiamo presto e nel frattempo avevamo visto arrivare un gruppetto di musicisti, la serata non solo non è finita (sarebbe stato troppo presto), ma si presenta anche with sounds and songs.
La strumentazione povera: base e chitarra, e due cantanti anche se carine.
Cominciano.
La voce non c'è, la verve poca, per quanto si impegnino i tavoli sembrano disinteressarsi alla performance, noi siamo nel tavolo di fronte, il primo, e quindi per educazione fingiamo un'attenzione farlocca, ma non vediamo l'ora che chiudano, ci dispiace ma siamo stanchi, e forse in queste occasioni preferiamo più avere il tempo per le chiacchiere che impegnare orecchi per musica mediocre. 

Non me ne vogliano.
Io e Deplano, con uno slancio di improvviso coraggio ci alziamo, e chiediamo a Valery di accompagnarci, lo so, non è elegante, ma ero arrivato al limite, non ne avevo più. In albergo ci ritroviamo al bar, e cominciamo a parlare, dopo una mezz'oretta arrivano anche gli altri, insieme allo sparuto di francesi (eravamo tutti alloggiati nello stesso albergo) rimasti ad ascoltare i musici.
Nuova sessione di chiacchiere, tra l'ameno e il faceto, ma tra noi c'è anche Jean Luc, il nostro mentore e pigmalione del festival che ci sollazza con presenza e, abbiamo già detto, un'esuberanza che si scontra inevitabilmente con quella di Simona. Lo scontro non solo fa scintille ma, scandito da allusioni e facezie che riguardavano attribuzioni sessuali e non, il buon Jean Luc non ha trovato di meglio, di fronte ad una (simpatica) provocazione di Simona, che estrarre il proprio bigolo (entiendes?) per manifestarne, a riprova di ciò che era stato detto, le dimensioni precedentemente millantate.
Gelo.
Nessuno si aspettava qualcosa di simile, come si dice: un conto è dire e un conto è fare...

Lui ha fatto.
Risate, occhi sgranati, ghigni e un generale imbarazzo, c'è chi ha visto e chi no, ma tra tutti, garantisco, il più naturale  è Jean Luc, che con simpatica nonchalance (e mai termine è stato più appropriato), ha fatto finta di niente ed è andato avanti.
La serata però stava volgendo a termine, e poco dopo, almeno il sottoscritto è andato a letto, tra l'altro, ero l'unico che la mattina dopo doveva anche preparare il bagaglio, perché la partenza in tarda mattinata mi imponeva di portarlo con me alla manifestazione.




Federico Ferniani, Jean Luc Viano, il sottoscritto e Alessio Lapo.



Jean Luc e Thierry Lamy, sullo sfondo il tavolo degli italiani.



Disposti ad anfiteatro per una migliore visione della performance dei musicisti, l'unico interessato pare Gianluca Maconi, sulla destra, io mi gratto con un sorriso sornione, gli altri si fanno bellamente i fatti propri.

Domenica con breve gita per il territorio, come guida l'immancabile Jean Luc e tutti, vista l'esperienza della sera, credo che avessero controllato bene la cerniera dei suoi pantaloni, ove evitare fughe improvvise.
Il giro è interessante, la breve nevicata della mattina ha imbiancato leggermente i campi, ma un po' di luce filtra tra le nuvole mischiandosi a brevi sprazzi di pioggia, le vigne sono a perdita d'occhio. Le domaine si susseguono una dietro a l'altra, qui l'unica occupazione è quella delle vigne e del vino, filari bassissimi, poderi recintati da vecchi muri seicenteschi, vecchi castelli, punti degustazione, è tutta una celebrazione a Bacco e le sue delizie. Il paesaggio è rimasto quello di duecento anni fa, le nuove costruzioni si mischiano con le vecchie senza traumi o invasivi contrasti, non esiste una casa che faccia ricordare un altro periodo storico, i colori quelli, e cioè tutte le declinazioni del grigio.










Panorami di vigne e vigneti intorno a Nuits Saint Georges.

Poi rientro alla sala delle feste, gli altri sono già lì, io mi unisco per poco più di un'oretta e mezzo, ho cinque o sei dediche da fare e un paio di persone sono costretto a rimandarle indietro, l'orario di volo dell'aereo e la lontananza da Lione mi impone una partenza anticipata, il brutto tempo rischia di far ritardare il volo, e devo essere in aeroporto un po' prima. Laurent, dopo essersi fatto dedicare un paio di libri, mi permette di salutare i miei colleghi e gli autori restanti, e con qualche panino al seguito ci mettiamo in marcia per il Saint Exupery.
Il viaggio si dimostra ben più tranquillo, più veloce e contraddistinto da un tempo improntato alla tipica variabilità marzolina, si passa dal nuvolo, alla pioggia al sole senza soluzione di continuità, con un alternarsi imprevedibile, imbastiamo una chiacchierata insieme a Laurent, che ci permette di far trascorrere il tempo velocemente e senza problemi.
All'aeroporto faccio un veloce check-in automatico alle molteplici macchinette antistanti l'imbarco, non c'è nessuno e tutto si svolge come da consuetudine. 

Al momento di stampare il biglietto mi ricordo l'odissea che mi aspetta, il mio rientro in Italia è spezzato in ben tre tronconi distinti: Lione-Parigi, Parigi-Roma e Roma-Pisa, dazio da pagare per il rientro della domenica. Fossi rientrato con gli altri forse sarebbe stato più comodo, ma dovrò ripartire per Firenze il martedì mattina, vorrò stazionare a casa almeno per un paio di notti?

Gli aerei sono tutti in orario, a Lione, dopo una mattina che conferma la caratteristica pazzia di Marzo per l'imprevedibilità del suo tempo, la partenza è baciata dal sole, che fa risplendere l'asfalto delle piste bagnato dalla pioggia, il viaggio è tranquillo e senza intoppi, l'arrivo a Parigi in perfetto orario. Non so se sia la penuria dei posti ma curiosamente ho un posto in terza fila, che equivale a dire la prima classe, spazi comodi e le gambe riescono a respirare. Il viaggi di rientro sarà anche lungo, ma almeno è cominciato bene.

Ma è alla partenza da Parigi per Roma che succede qualcosa di curioso.

Nell'Airbus trecentoequalcosa, alla partenza, una giovane donna proveniente dai sedili posteriori ai miei, cioè tutti gli altri (visto che sono di nuovo in 1a classe e addirittura in prima fila, gli organizzatori del festival evidentemente non hanno badato a spese), sussurra qualcosa all'orecchio dello steward, lo dice sorridendo ma si percepisce un leggero imbarazzo, e questi facendole notare il posto libero che è separato dal mio solo da un altro con il sedile ribaltato a mo' di ripiano, le dice che può accomodarsi tranquillamente.
La donna si siede, leggermente preoccupata, io guardo lo steward che parlotta con la hostess, sorridono tra loro, non è niente di grave e deve essere qualcosa che capita frequentemente, non sono preoccupati. Penso ad ansia, sbalzi di pressione arteriosa, paura di volare, fobìe claustrofobiche, sono convinto che siamo da quelle parti e comunque sia, siamo già pronti a partire.
Poco prima di partire si svela l'arcano, la donna ha paura di volare, se ne vergogna un po' ed è visibilmente imbarazzata e fa tenerezza nella sua femminile vulnerabilità.
Siamo in fase di decollo ed il personale di bordo è sui sedili appositi, per quanto hostess e steward cerchino di tranquillizzarla (ci separa solo un pannello in plexiglas), decido con uno slancio cavalleresco di offrirle la mano perché la possa stringere e lei, riconoscente, accoglie il mio invito.
E la stringe.

Ora, lo confesso candidamente, io ho sempre avuto un alto, forse eccessivo senso del ridicolo, specialmente quando il destino ti mette di fronte a delle situazioni bizzarre, inusuali o, come questa, che spesso si vedono solo nei film, ovvero soltanto quando un abile sceneggiatore si prende la briga di studiarsi movimenti, battute e tempi giusti perché il ciak funzioni al meglio, ma che nella realtà non ha dei meccanismi così cronologicamente perfetti. Non capita spesso, ma quando succede ho sempre la tentazione di guardarmi intorno, per controllare che qualcuno alle mie spalle non stia ridendo, pronto a ricordarmi che non siamo ad Hollywood ed io non sto stringendo la mano a Cate Blanchett.

Sono in grado sì, di mettere in campo il sorriso un po' piacione alla George Clooney (concedetemi l'impossibile accostamento), senza però crederci fino in fondo, sarà forse perché non sono così bello? Vai a sapere.
Tuttavia non è così, con virile fermezza faccio la mia parte (sono stato la prima scelta del casting, caspita! ne sarò capace?), lei sembra sollevata ed io, scioccamente, anche perché in cuor mio sto attendendo gli applausi che da un momento all'altro mi aspetto di sentire, alla fine mi rendo conto di avere mantenuto le phisique du role da attore consumato e, sono convinto che la situazione, anche con tutto il sarcasmo possibile, alla fine sia stata anche carina.
Conferma suggerita dai sorrisetti dei due assistenti di volo che, imbracati ai loro sedili, sono stati spettatori in prima fila della performance.

Instauriamo così una complice conoscenza, io e Alessia (il nome è inventato) cominciamo a parlare, esce fuori il mio lavoro che come effetto taumaturgico ha sempre quello di smuovere stupore e curiosità, ed il tempo scorre tra una chiacchiera e l'altra, mi conquisto pian pianino una nuova lettrice che si ripromette di acquistare gli albi che le ho descritto nel nostro conversare. Preso dal dialogo e concupito dall'interesse dimostrato per gli argomenti, ho trascurato anche il pranzo fornito dalla compagnia, avevo anche fame a dir la verità, ero in giro da tutto il giorno e l'avrei anche mangiato con sana ferocia, ma da quel signore che avevo dimostrato di essere e volevo continuare ad essere, ho lasciato quasi tutto, terminando solo dei raviolotti al pomodoro che non erano neanche un gran che.
Arriviamo così fino a pochi istanti prima dell'atterraggio, i flap si abbassano e il motore muggisce roco, ma Alessia supera con molta disinvoltura quel momento quasi non accorgendosene nemmeno, segno evidente del mio ottimo lavoro, se fossi un professionista mi sarei meritato la "stozza", sono un dilettante e non resta che complimentarmi per la piacevole e riuscita improvvisazione.

Stiamo per scendere, come di consuetudine le persone si alzano sempre con molto anticipo, preparandosi con giacche e bagagli a mano, anche se devono poi sostare per almeno dieci minuti fermi nell'attesa dell'apertura del portellone. Ed è in questo momento che si ristabiliscono distanze fino ad allora scomparse, ma è come se il tempo del volo fosse stata una neutrale terra di nessuno dove poter lasciare da parte le identità abituali, per avvicinarsi ed acquistare una spontaneità ed una naturalezza diversa, come se lo stesso alzarsi nel cielo, oltre che come una vittoria sulla legge di gravità, ci avesse davvero regalato il senso della leggerezza dello spirito.
Alessia mi ringrazia con un bel sorriso, credo davvero che quell'ora e mezzo a parlare, oltre che distrarla dalle sue paure, l'abbia davvero rilassata, almeno per me è stato così, non vedo perché questo non possa essere successo anche a lei.
Io sono il primo a scendere, e ci salutiamo di nuovo.
La rivedo sul pullman che ci porterà al terminal, la vettura e strapiena e Alessia sorridendomi mi indica alle due sue amiche, rimaste nei loro posti originari, che nel frattempo l'hanno raggiunta, loro mi sorridono curiose di vedere chi è quel gentleman che l'ha così gentilmente assecondata, io mi disegno sul volto la tipica espressione per quelle occasioni, generalmente il miglior sorriso possibile tra quelli inclusi nel mio manuale pret à porter da "uomo che non deve chiedere mai", le amiche hanno radiosi sorrisi accompagnati da uno sguardo indagatore, chissà se deluse o stupite dall'uomo di fronte a loro, tutto è dipeso da chi si erano immaginate di vedere... sicuramente non gli sono apparso come il Brad Pitt che aveva preso il posto nel loro immaginario fantastico.
E quindi ad occhio e croce saranno rimaste sicuramente deluse, del resto è normale, la realtà non è mai girata in Panavision, e sopratutto gli sceneggiatori non lavorano 24 ore su 24 e, nei momenti di riposo, ahimè! tutto ritorna banale e scontato.

Loro erano arrivate, io avevo ancora il volo Roma-Pisa e la serata per me non era ancora conclusa, ma dopo tutto questo: che altro poteva succedere?







1 commento:

  1. Merci beaucoup Stefano pour ces moments partagés et à te revoir bientôt.....
    amitié

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