Sveglia garibaldina, il sonno è duro da mollare ma la partenza è intorno alle 7,25 del mattino e i tempi tecnici sono ristretti, corsa all'aeroporto che non è lontano e check- in, poi colazione in aeroporto e imbarco pressochè immediato.
Il volo è distinto da qualche turbolenza, ma arriviamo anche con un bell'anticipo, forse a causa della ricerca da parte del pilota dell'altitudine per evitare i brontolii del tempo.
Dopo la raccolta dei bagagli, il Van che troviamo impiega oltre un'ora per portarci all'albergo, e nella conversazione il driver ci rivela essere stato, tra i tanti lavori, anche uno sparring partner di Mike Tyson, l'aspetto poteva essere anche quello di un buon peso massimo, ma la mia indolente tendenza a credere a certe affermazioni, mi ha fatto immaginare la classica bufala da ammansire a creduloni turisti.
Il Carlton è sulla Madison Avenue, l'albergo è carino anche se dobbiamo dividerci una camera in tre, ed i letti, per quanto abbondanti, sono entrambi da una piazza e mezzo, io ho il problema che ne devo condividere uno con mio figlio Alberto, che ricordo avere avuto sonni poco tranquilli e l'ultima volta che ci ho dormito insieme ricordo di averlo fatto nei rari "ritagli" di letto che mi lasciò, le nottate si prevedevano complicate.
Sperem...
Poi, siccome le nostre gambe non avevano ancora ricevuto la loro la razione di chilometraggio illimitato quotidiano, abbiamo deciso di andare verso Broadway e Time Square, ricordo a tutti che le piantina di Manhattan che avete tra le mani o vi è capitato di vedere, sono assolutamente fuorvianti, la scala di riferimento non vi aiuta a capire le distanze, gli isolati sono enormi e per coprire le distanze ci vuole del bel tempo. Ma figurarsi se noi ci scoraggiamo, nonostante l'accumulo di km dei giorni precedenti, che limitano e riducono le poche energie ancora rimaste, noi stoici come Amumdsen in direzione Polo Nord, gambe in spalla ci incamminiamo in direzione del traguardo previsto.
Volevo sottolineare, anche a rischio di ripetermi, che per noi europei, cresciuti a suon di film americani, questa città è rappresentata dalle emozioni scaturite da: Colazione da Tiffany, Kramer contro Kramer, Manhattan di Woody Allen, Tootsie di Sidney Pollack, il Maratoneta, Wall Street di Oliver Stone, Un giorno per caso, Harry ti presento Sally, Un uomo da marciapiede, Il braccio violento della legge, Donne in carriera (working women), 9 settimane e 1/2, Il falò delle vanità, ne lascio centinaia e cito a memoria in un momento dove la stanchezza mi annebbia anche i ricordi, e poi ancora la città dove se dovesse atterrare un'astronave aliena cercherebbe il suo Central Park dove farlo, se uno scimmione gigantesco dovesse decidere di scalare un grattacielo sceglierebbe il suo Empire State Building, se mai in futuro un governo un po' scellerato decidesse di bruciarne i ponti e trasformarla in un carcere di massima sicurezza è questa città che sceglierebbe, e semmai un virus che trasforma tutti gli esseri umani in vampiri decidesse di decimare l'umanità, l'unico superstite è qui che vi troverà rifugio, oppure se un gigantesco mostro marino in letargo da millenni decidesse di invadere una nazione sceglierebbe, sempre a caso, questo lembo di terra, bellissimo ma altrettanto sfigato, come nessun'altra località del globo terraqueo, perché è qui che tutto succede, di bello e di brutto.
Insomma, New York È l'America, ragazzi! Fatevene una ragione!
L'Empire State Building.
Time Square.
Ed il percorso previsto porta a Time Square, passando non lontano da l'Empire State Building, il cemento e l'acciaio che già aveva stupito Alberto a San Francisco qui è decuplicato in quantità ed in altezza, la vertigine creata dai palazzi è quella di sempre, New York ha un fascino tutto suo, non c'è niente da fare, è l'America nella rappresentazione di se stessa, l'icona di un mondo e di un modello, è il successo nella sua materializzazione, New York è il sogno.
Già entrati nel mood della città e rapiti dal suo fascino cominciamo a scattare foto come degli psicopatici, foto che quando rivedremo non ci diranno niente o non riusciranno a spiegare quello che vediamo, tanto la proporzionalità e la scala di riferimento è diversa dalla realtà, ma che comunque non possiamo fare a meno di fare.
L'incidente di Time Square, anche abbastanza grave, l'eccesso di poliziotti e di furgoni per le dirette TV ha indotto in molti a credere di essere di fronte ad un set cinematografico.
Time Square, l'angolo di mondo che non dorme mai, piano piano si svela, le luci sono psichedeliche, le colonne composte da video che trasmettono pubblicità sono impressionanti, ricorda Shibuya, ma il fascino di questa città, il suo caos, la sua gente i suoi colori la rendono diversa e ipnotica, in parte è smantellata da "lavori in corso", ma questo non toglie niente al suo fascino.
Poco distante è successo un incidente, polizie a paramedici sono in azione con il fascino di una serie TV, ed infatti per quanto si veda un bus a due piani da rottamare con la parte destra sfasciata, qualcuno chiede ad un poliziotto se è un vero incidente, la domanda è perfino lecita, immagino quanti set cinematografici facciano tappa e blocchino il traffico in questa città, ci credo che la gente debba avere assicurazioni su certe cose, qui la finzione e la realtà si accavallano creando un caos notevole.
C'è da tranquillizzarsi, non siamo i soli ad avere l'immaginario conquistato dall'America con le sue icone.
Metro Station.
L'Empire by night.
La hall dell'hotel Carlton sulla Madison Avenue.
È l'ora di cena, cerchiamo un ristorante che non abbia prezzi esagerati e ci offra un buon pasto all'americana come oramai è nostro costume, se non ci sfondiamo lo stomaco con hamburger e salsine varie, non siamo contenti.
Lo troviamo.
Mangiamo nuovamente hamburger di varia grandezza, oramai siamo votati solo a questa cibarie....gli spaghetti sono un sogno svanito, ravioli al sugo o risotti di mare pure chimere irraggiungibili, per adesso l'America ci fagocita con le sue calorie spropositate e le sue dimensioni fuori scala.
Percorso a ritroso ma con il buio della notte che esalta le luci della città, ne moltiplicano l'effetto e per questo motivo ripassiamo da Time Square, come fosse un richiamo ipnotico, poi ci dirigiamo verso la Metro Station per vedere degli orari e poi a sud verso l'88, numero civico del nostro albergo.
Adesso però siamo al 342, ne abbiamo di strada da fare.
Prendere sonno non è facile, Alberto è ingombrante e psicologicamente non godo del mio spazio vitale, ma la stanchezza è notevole, ed alla fine vince lei e mi arrendo.
Adesso lo posso dire, è andata meglio del previsto.
6 Luglio. New York.
Avevamo deciso di dormire e, se non do la sveglia io, sono ancora nel letto a ronfare, alle 9,00 ci stiracchiamo ancora sui letti per scacciare gli ultimi residui di sonno, ma la giornata sarà lunga, non lo sappiamo ancora, ma non ci risparmieremo.
La destinazione è South NY, verso Battery Park e Wall Street, prendiamo la metro e ci dirigiamo in quella direzione, la zona Ground Zero adesso è un enorme cantiere che sta ricostruendo lo spazio occupato dalle torri gemelle, l'impresa è titanica lo si percepisce dalle dimensioni del tutto, ma una torre è già pronta e le basi del centro commerciale con doppia spina di pesce sta prendendo forma, ci sono gru, betoniere ed escavatori è tutto un brulicare di operai e di lavoro, le strutture che si intravedono sono imponenti, da domandarsi come abbiano fatto due aerei a far crollare degli edifici costruiti con simili criteri.
C'è da dire che New York, a prima vista è tutta costellata di cantieri che sembrano all'opera per modificarne e migliorarne molte parti, ne abbiamo trovati a Time Square, a Wall Street, a Brooklyn, un po' ovunque.
Poi scivoliamo lentamente verso Wall Street, la New York Stock Exchange è affascinante più come spirito che come edifici e valenza storica ma, anche qui, la folla di turisti è imponente (cinesi sopra gli altri), tutti si fanno fotografie in ogni luogo, di fronte all'entrata, sotto il monumento a Washington, non parliamo poi dell'assedio a quello del Toro, qui addirittura c'era perfino una partenza di fila organizzata, non che io fossi più originale degli altri ma, vista la ressa ci ho prontamente rinunciato, se il prezzo di un ricordo deve essere quello di fare file per averne uno identico ad altri diecimila, preferisco costruirne un altro da un altra parte, più originale ma unico.
Scusate il mio essere snob.
Il cantiere a cielo aperto a ciclo continuo di Ground Zero.
Wall Street.
Il monumento bronzeo al famoso toro di Wall Street. E' così imbarazzante e frustrante vedere come le convenzioni e gli atteggiamenti omologanti vincano sempre sul buon gusto che, davanti a gente che si faceva fotografare strizzando le palle del toro o sembrando delle cagate del bovino, ce ne siamo allontanati schifati.
Battery Park viste dal battello per la Statua della Libertà ed Ellis Island.
Poi a Battery Park, una presa visione dello spazio e poi alla ricerca del l'imbarco per un tour verso la statua della Libertà, facciamo il biglietto e ci mettiamo in coda all'ennesima fila, lentamente ma ordinatamente ci diluiamo verso l'imbarco, siamo davvero tanti ma la spola che i battelli fanno ha una frequenza molto rapida per cui diluisce relativamente presto. anche qui l'orientamento è il solito, ma devo non farci più caso e mi unisco ai comportamenti più comuni e gli scatti più ordinari, l'ho già detto, non sono migliori degli altri forse, e dico forse, mi pongo qualche domanda in più, ma faccio esattamente le stesse cazzate, tranquilli.
il giro sull'isola tuta è tra i più comuni, la percorriamo perifericamente e poi, tornati quasi all'imbarco, ci concediamo un panino (per il self Service c'era troppa gente) abbastanza insapore, al punto che sono corso a prendere il ketchup (che qui è ovunque), in modo che almeno sapesse di quello.
Poi terminiamo il giro passando da Ellis Island, l'isola dove venivano smistati e registrati tutti gli immigranti che arrivavano a New York agli inizi dello scorso secolo, qui sono passate migliaia di persone, ma noi non ci siamo fermati, avevamo un'altro obbiettivo e siamo tornati al molo.
Ripreso la tanto angusta (e caldissima) quanto affascinante metro della città per scendere Brooklyn Bridge, in direzione del ponte.
Beh, la conoscete? Avete bisogno dell'aiutino?
Ellis Island qui, per intendersi, Hitch (dell'omonimo film interpretato da Will Smith) fa scoprire i dati anagrafici del nonno emigrante, alla sua conquista...non avete visto il film? Okay, lei è la bellissima Eva Mendes.
Adesso l'iconografia del ponte è molto conosciuta e facilmente rintracciabile, ma quelli della mia generazione lo conoscono per merito di un chewing-gum, che settimanalmente passava a Carosello con bellissime réclame (e qui il termine vintage è usato ad hoc) con il pay-off che enunciava "la gomma del ponte", ecco, noi lo conosciamo così, poi ditemi se non siamo vintage pure noi...
Comunque è percorribile tutto a piedi e non so se per merito di Carosello o perché è il primo ponte costruito a New York (sto scherzando, sicuramente per il secondo) è pieno di turisti che lo attraversano a piedi sotto il caldo cocente (ma ci è andata anche piuttosto bene perché poteva essere anche molto peggio), e i newyorkesi in bici nella parte ciclabile, quella riservata a loro, scattiamo foto ed arriviamo dall'altra parte, all'altezza del secondo pilone ci sono delle targhe in bronzo che ne commemorano la costruzione e ne descrivono la tecnologia per farlo e, anche qui, scatta una riflessione.
Ora, il ponte è del 1877, la guerra di secessione era terminata da 12 anni, la rivoluzione industriale era praticamente agli inizi, si viaggiava soltanto in carrozza e non tutti potevano possederla, e le dimensioni delle carrozze dell'epoca potete anche immaginarle, per cui chi ha concepito e realizzato il ponte aveva uno sguardo diretto verso il futuro, ed é questo fa grande una nazione, lo sguardo al domani, la capacità di previsione: la prospettiva.
Ce l'avevano i romani che hanno costruito opere utilizzate ancora adesso, i francesi nella concezione delle loro opere ed altri popoli che, immaginandosi un futuro di sviluppo hanno pensato e realizzato strutture che non solo risolvessero i problemi presenti, ma che lo avrebbero fatto anche per i decenni, o i secoli successivi. Brooklyn ha un ponte con doppie carreggiate che è perfettamente funzionali alle esigenze odierne, ma è stato costruito quasi 150 anni fa, adesso sembra normale, ma fate un po' un salto indietro e, al di là della complessità di costruzione, immaginate un po' cosa deve essere sembrata un'opera del genere per i contemporanei dell'ingegnere che la realizzò, fate lo sforzo di vedervi, voi che fino a questo momento avete viaggiato solo a cavallo, cosa deve essere stato avere di fronte un gigante del genere.
Oltrepassato il ponte ci troviamo sul lato di Brooklyn Heights, la vista è bellissima dal molo di fronte a Manhattan, e la sera deve essere uno spettacolo mozzafiato, con le luci della città come panorama, decidiamo di concederci un gelato, lo meritiamo, è tutto il giorno che camminiamo e la giornata si è fatta calda.
Greenwich Village.
Poi riprendiamo la metro e ci dirigiamo verso il Greenwich Village, quartiere di Washington Mews, quello dove ha la casa Martin Mystere, l'eroe bonelliano, la strada che potrebbe adattarsi a quella usata come indirizzo del personaggio potrebbe essere Gay Street, una vietta che curva verso un'altra Street davvero molto nome allusivo ma, a vedere bene, forse a ragion veduta.
Il quartiere è davvero molto carino, vie alberate con casette di qualche piano con le classiche scale antincendio e la rampa di gradini di accesso all'ingresso,
Decidiamo di rientrare a piedi, sono parecchi isolati ma la distanza non ci spaventa, siamo cotti al punto giusto, la giornata è stata intensa e faticosa, abbiamo un appuntamento a cena con Seth il figlio di Steve, l'amico di cui siamo stati invitati a San Diego, lavora a Manhattan e abbiamo prenotato una cena insieme a lui.
Una doccia ristoratrice e poi in taxi vicino a Central Park.
Un momento culinario (con le varie portate), la cena con Seth Fera-Schanes al ristorante cubano nei pressi di Central Park. I sapori, per me che sono stato sull'isola caraibica un paio di volte, posso constatare che non sono propriamente i soliti, ma la cena è stata comunque simpatica e gastronomicamente godibile.
Cena in un ristorante latinoamericano ma che, almeno delle specialità cubane che ho assaggiato, ho riconosciuto poco i sapori dell'isola caraibica, ma tutto sommato non male, due passi al Central Park in zone limitrofe alle Avenue, non era tardissimo ma non è consigliabile avventurarsi all'interno del parco in ore notturne, poi un salto a casa sua, nell'appartamento in un palazzo moderno di 35 piani dove abbiamo goduto del fantastico paesaggio notturno della città, la chiusura in bellezza di una splendidi ornata, la Grande Mela è sempre la Grande Mela.
7 Luglio. New York..
Programma chiaro per quest'ultima mattinata Newyorkese, la meta è la Society of Illustrators, un mio vecchio pallino che non ero riuscito ad esaudire l'ultima volta che sono venuto, ho vagheggiato di questa sede che negli anni d'oro ospitava incontri con i più grandi illustratori americani e questa volta non mi sono voluto fare mancare l'occasione, i miei pards erano d'accordo con me.
Le sede, non lontano dalla Lexington, è piccola e molto accogliente, quasi familiare, niente di americana mente sopra le righe, ci sorridono due receptionist molto carine, e dopo poche parole la seconda ci chiede se siamo italiani, si chiama Silvia ed è milanese, e vive a New York da tre anni, sta studiando illustrazione in una scuola americana ed ha visto bene di fuggire da un paese che in quel settore non offre molte prospettiva, è simpatica e familiarizziamo subito, gli spieghiamo che siamo, da dove veniamo e le nostre credenziali che la colpiscono molto, ci da molte informazioni ed è estremamente gentile.
La sede della Society oh Illustrators.
Lo spazio espositivo all'interno.
L'ingresso del MOCCA (sempre all'interno della sede della Società degli Illustratori).
Davanti ad una tavola originale di Alex Raymond.
Il bar all'interno della sede.
I vari direttori della Socità degli Illustratori, ritratti e spesso autoritratti di chi si è succeduto nella prestigiosa carica.
Per chi non lo sapesse, qui i simpatici pards sono di fronte ad una illustrazione di uno dei monumenti dell'Illusrazione Americana, il famoso Newell Converse Wyeth, l'illustrazione tratta dal libro "La Freccia Nera".
Illustrazioni fantastiche ovunque...anche nei cessi.
La gallerie in cui vengono realizzate mostre temporanee era occupata da: Peter De Sèvé, Carlos Nine e Joyce, oltre al MOCCA, Museo del Comics e cartoon animation, con tavole di Winsor McCay e Alex Raymond, tutto il resto delle pareti disponibili era tappezzato di opere di grandi illustratori, perfino nei due bagni erano esposte opere di rilievo (scoperta la cosa in quello maschile siamo entrati furtivamente anche in quello femminile), oltre che penultimo piano, che ospita bar, sala da pranzo e una piccola terrazza piena di verde, ed il tutto arredato in stile coloniale interamente in legno, davvero molto suggestivo.
Poi abbiamo fatto un salto al Guggenheim, ma era chiuso, forse non avremmo avuto il tempo per girarlo tutto, per cui la cosa ci ha fornito perfino una scusa accettabile. Siamo andati in direzione 6a Avenue dove dovevamo incontrare Federica, era già ora di pranzo ed abbiamo preso degli hotdog da degli ambulanti, per mangiarseli direttamente su una panchina di Central Park, come fanno molti newyorkesi durante la pausa di pranzo con uffici nelle vicinanze, la giornata assolata ha favorito l'idea. Intorno a noi, scoiattoli, piccioni ed uccellini si muovevano con frenesia alla ricerca di bricioli e spuntini, con un coraggio derivante dal l'abitudine ad essere circondati da persone.
Musei a New York.
Anche i baracchini che forniscono hotdog non mi sembrano più quelli di una volta (odiosa affermazione), perché mi sembrano tutti sotto la bandiera di un franchising comune che ne gestisca le sorti, non so, ma l'attività privata, con tutte le conseguenze del caso, come la specificità degli ingredienti e della qualità del prodotto mi sembra sia andata a farsi benedire, i prezzi sono ancora modici, ma non garantisco sull'omogeneità del prodotto, ne ho mangiati soltanto una paio dallo stesso rivenditore.
Il pomeriggio ci siamo divisi un po' tutti, ognuno aveva da fare per i propri comodi, noi dovevamo acquistare gli ultimi regali per chi era rimasto a casa, per gli amici e conoscenti, e ci siamo tuffati nuovamente nella bolgia.
Io non la ricordavo così New York, e c'ero stato, comunque, in agosto, più o meno lo stesso periodo, ma in certi punti adesso non si può più neanche camminare, tante sono le persone che lo stanno facendo insieme a te, le attività frenetiche della metropoli e, credo, il turismo, ne congestiona i movimenti, e diventa difficile passeggiare, pur passa da dalla 6a alla 5a (e non sono marce del motore), il caos continuava a perseguitarmi.
La vasca costruita sull'intera superficie che occupava una delle torri (ce ne sono infatti due), con le cascate laterali e l'acqua che scompare all'interno di una voragine più piccola, è una rappresentazione suggestiva della tragedia come ne ho viste poche. L'atmosfera ed il silenzio che sembrano imporsi in questo spazio lo rende unico ed imperdibile, ma al tempo stesso estremamente inquietante.
Ground Zero e le vicinanze di Battery Park alle prime luci della sera.
Io credo anche che la stanchezza generica del viaggio incominci a farsi sentire, e l'insofferenza stessa verso questo tipo di cose ne è una indicatore piuttosto preciso, hai voglia di tornare a casa, alle tue cose, ai tuoi ritmi ed alle tue consuetudini, sei stanco dell'eccezionalità ed hai bisogno della normalità.
Questo è stato un viaggio di piacere solo in minima parte, siamo venuti per allacciare nuove conoscenze e consolidare le vecchie, per essere introdotti in alcuni ambienti e far conoscere la scuola, insomma, ci siamo divertiti ma con funzionalità, e solo questa ultima parte di Las Vegas e NY sono state di puro divertimento, tutto il resto un impegno dopo l'altro da ottemperare nel miglior modo possibile.
Per la sera Luca e Federica hanno deciso di andarsi a vedere If/then, un nuovo musical cantato dalla solista di Frozen, io Francesco e Alberto decidiamo di tornare a Ground Zero, non abbiamo visto né memoriale e lo spazio adiacente, siamo solo passati perifericamente e dobbiamo tornarci.
Abbiamo visto da un altro punto di osservazione le costruzioni che stanno costituendo la nuova skyline della città, ma dall'altra parte, oltre che il memoriale (chiuso all'ora in cui siamo arrivati noi) c'è lo spazio occupato dalle due torri gemelle per quello che, anche sulla segnaletica è indicato soltanto con due numeri 9/11...una data, la fine di un mondo. Soltanto che in corrispondenza dell'area occupata dalle due torri c'è un'enorme vasca dai lati della quale cade dell'acqua suddivisa da piccoli separatori che la trasforma come se fosse pioggia, acqua che ricade in una vasca più bassa e che a sua volta va a scomparire in un buco di forma quadrata di dimensioni molto più ridotte e che scompare nel nulla, non so se la spiegazione possa risultare chiara, ma l'effetto del tutto è davvero suggestivo ed inquietante, e questa acqua che sembra nascere dal nulla e che nel nulla scompare lascia un senso di disagio, c'è la percezione di un orrore, c'è un significato remoto in quella rappresentazione, una scomparsa nel nulla, un vuoto. Sulla parapetto che delimita le due enormi vasche, ci sono iscritti tutti i nomi degli scomparsi in quella immane tragedia e, credo anche molti di quelli che hanno contribuito a ridurne i nomi, le forze in gioco e le istituzioni coinvolte.
Abbiamo terminato il nostro giro finendo sulle rive dell'Hudson, in un nuovo quartiere che sembra adibito ad uffici e ci siamo fermati in un localino che sembrava promettente, nell'attesa un margarita, e poi nuovamente a mangiare messicano, Alberto si è sbofonchiato un piatti di nachos da leccarsi i baffi.
Poi la corsa in metro verso il Greenwich Village, ultima sera della vacanza in classico stile newyorkese che si rispetti, a sentire il jazz allo Smalls in una cantina che non contava più di 50 posti a sedere, ingresso e bevuta per ascoltare Abraham Burton Quartet, quattro pezzi suonati da dio con improvvisazioni veloci ed un'intesa fantastica tra quattro musicisti di prima grandezza, abbiamo respirato quell'aria di New York che ci piace tanto e che ci fa sentire migliori, quella unificante e meditativa della musica, quella esclusiva del sound che l'ha resa mistica.
Abraham Burton Quartet visti allo Smalls, al Greenwich Village.
...per finire il taxi chiamato alzando il braccio, e con fermata istantanea, una comodità apprezzabile solo qui che da fiducia perfino al nostro ego, un richiamo e subito lì si ferma la carrozza, immediatamente hai il veicolo per la tua destinazione, un gesto che rappresenta la città con la sua disponibilità, che ti permette di avere tutto istantaneamente, basta chiedere, puoi avere grandi ricchezze o grandi miserie, grandi successi o un eterno oblio, andare a piedi o, se vuoi, un autista solo per te, basta alzare il braccio.
8 Luglio. New York.
Poca lucidità nelle scelte, siamo tutti un po' stanchi e non vediamo l'ora di tornare a casa, non riusciamo a confessarcelo, ma per tutti è la stessa cosa, la straordinarietà, quando diventa normalità, entra in conflitto con le nostre abitudini, e in nostri ritmi richiedono subito un tributo alla loro comparazione e, quasi sempre, vincono.
Ci siamo svegliati piuttosto tardi e perché la stanchezza accumulata anche se piano, piano va smaltita e sappiamo che il ritorno sarà faticoso tra fusi orari e jetleg, poi facciamo valigia e check-out e se ne va mezza mattinata. Decidiamo per Central Park, lato Dakota Building, il palazzo dove la fine degli anni 70 venne ucciso John Lennon, un vecchi palazzo stile '800 in angolo sul parco, ovviamente intorno ci sono bancarelle con t-shirt che commemorano il primo Beatles scomparso, l'occasione per fare business non guarda mai in faccia nessuno, poi attraversiamo il parco e andiamo in direzione Mac Store, come ultima puntata newyorkese e dedica al mercato consumistico locale, c'è perciò il tempo per comprare qualcosa, qualcosa che forse si troverebbe anche in Italia che, anche con cambio favorevole, ma tasse escluse, alla fine è probabile che costi quasi la stessa cifra, ma vuoi mettere averlo acquistato a New York?
Torniamo all'hotel, il tempo stringe e a driver del primo giorno abbiamo dato un orario di tutta sicurezza e lui, probabilmente per colpa di altri impegni, è arrivato anche prima, saliamo sul suo enorme Van nero, che inghiotte come fosse un solo boccone tutti i nostri bagagli e attraverso il Queen, ci porta in men che non si dica, al JFK Airport.
Il Nevada Building, il palazzo dove viveva John Lennon al momento in cui è stato ucciso.
Central Park, senza il riferimento delle costruzioni sullo sfondo, potremmo tranquillamente essere in una foresta del New Hampshire (?).
I veri protagonisti del parco.
Relax al Central Park, dopo essersi sbofonchiati gli immancabili hamburger acquistati da uno dei tanti ambulanti... l'immancabile stato di rilassatezza successivo lo si nota dagli sguardi soddisfatti ed appagati.
Tutto scorre come deve scorrere, oramai è un lento consumerai di passi che ci portano inevitabilmente al nostro rientro, le riflessioni sono rimandate e l'occhio è rivolto soltanto all'orologio che scandisce tempi e rimandi ai fusi orari da percorrere e da rimettere, il volo Delta parte in orario e, addirittura annunciano un possibile arrivo in anticipo.
Sul volo si balla un po', insomma, neanche tanto un po', si balla. Le turbolenze sono fastidiose ma non è per quelle che non si dorme, si guarda il secondo episodio di Hunger Games e Lone Survivor facendo zig zag tra le traduzioni, non ne esiste una che corrisponda, se digiti francese parla in spagnolo e se digiti italiano si ascolta quella in tedesco, ma dov'è alcune prove alla fine si trova quella giusta.
L'arrivo a Pisa risulta effettivamente in anticipo di quasi 40 minuti, vuoi per le motivazioni annunciate all'inizio del volo, vuoi perché alzandosi ad altitudini maggiori per evitare le turbolenze incontrate sul tragitto si riducono tempi di percorrenza e si risparmia carburante.
L'aeroporto di Pisa, per quanto a noi sembri carino, a confronto con le strutture incontrate durante il viaggio, visto la quantità di voli fatti, sembra effettivamente una stazione di autobus di provincia, ma inutile stare a recriminare ogni volta sull'insufficienza delle infrastrutture del nostro paese, ormai è cosa nota e non è più originale e poi le città a confronto sono indubbiamente e più popolose e di importanza eccessivamente superiore, e volendo essere sciovinisti, nessuna di esse ha una "torre pendente".
Prendiamo un semplice autobus, lo shuttle per la stazione è da un'altra parte e il terminal dei treni in rifacimento, ma per fortuna a Pisa Centrale ci sono treni ogni mezz'ora per le nostre destinazioni, biglietto e saluti sullo stesso binario per tutti.
Ci dividiamo dopo quasi 18 giorni di avventure e condivisioni, i treni sono casualmente uno affianco dell'altro sullo stesso marciapiede, quasi la nostra unione debba essere sancita fino alla fine.
Poi tutto diventa normale, ed il pensiero va subito al mare, avevamo portato il costume, ma non c'è stato tempo di fare neanche un tuffo in piscina.
Aveva ragione Francesco....non vediamo tutti l'ora di andare in ferie!
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