topolino


24 gennaio 2013

Ciao!

Forse adesso capirete il motivo di iniziare il 2013 con dei libri, ed il relativo ritardo di questo articoletto.
Non potevo iniziare l'anno con l'annuncio di scomparse di amici e colleghi, non mi pareva proprio il caso.
Spero che capirete.

Lo faccio adesso, anche se in ritardo, perché comunque non posso dimenticare certe persone.

Gli ultimi giorni del 2012 è scomparso Alberto Lisiero, il fondatore dello Star Trek Italian Club, ma io non lo ricordo per quello che forse è la cosa che più lo ha fatto conoscere ed amare, io purtroppo non sono mai stato un fan della serie televisiva, e spero non me ne vorrà, Alberto, da lassù.
Lo ricordo perché, insieme alla moglie Gabriella Cordone, hanno sceneggiato una storia di Nathan Never disegnata dal sottoscritto, una tra le prime che ho realizzato e che non era opera di uno dei tre sardi, il titolo era "Paura sul fondo" il numero 42, se non ricordo male, e sopratutto perché fu la loro prima storia realizzata da sceneggiatori. 




Alberto Lisiero



"Paura sul fondo" Nathan Never n°. 42 sceneggiato dalla coppia Lisiero e Cordone, coppia nel lavoro e nella vita.


La storia si articolava in una colonia sottomarina, ed uscì, per una strana coincidenza della sorte, vicino ad un'altra mia storia, pur non essendo conseguenti l'una dell'altra, ma era un periodo in cui producevo molto.
Non l'ho conosciuto bene, forse l'ho incrociato una volta insieme alla moglie e mi sono stati presentati da amici, ma ebbi l'impressione di una coppia unita e simpatica, che condivideva, come poi ho saputo, affetti e passioni comuni.
E' morto all'età di 48 anni, in un modo terribile e ad un'età ingiusta, ma sono cose che si dicono  sempre in queste circostanze, per coprire, anche se sono vere e legittime, i nostri imbarazzi.

All'inizio dell'anno se n'è andato un altro pezzo della Sergio Bonelli Editore, il Direttore Generale: Decio Canzio.

E mi si stringe il cuore a parlarne.




Decio Danzio in un disegno di Graziano Origa.


Ero affezionato a quell'uomo, e non so bene neanche perché, in fondo ci avevo parlato poche volte, ma in quelle poche occasioni mi aveva dato l'impressione che gli piacessi e che mostrasse una certa fiducia in me, e poi erano state poche, sì, ma significative.
La prima volta che lo incontrai, e non sapevo neanche chi fosse, era anche la prima volta che entrai in Bonelli verso la fine degli anni '70, ero una spaesato ragazzotto che portava le sue tavole a visionare ad una casa editrice, con un ansia che si tagliava a fette e con la paura di non essere all'altezza.
Mi ricevette quest'omone dall'aria bonaria e mi fece accomodare nel famoso salottino adiacente all'ingresso, e mi disse che avevo avuto fortuna, c'era una persona molto adatta a visionare i miei lavori, era capitata quella mattina in casa editrice e fu così che me la presentò, era Gino D'Antonio.

La seconda volta fu quando mi ricevette per parlare della mia decisione di lasciare l'azienda nella quale lavoravo per fare il libero professionista, ero tra i selezionati del team che avrebbe dovuto realizzare Nathan Never, ed avrei dovuto cominciare a lavorare per la Sergio Bonelli.
Mi parlò come un padre, con l'affabilità di chi conosce la vita con i suoi problemi e che conosce l'età degli entusiasmi e delle scelte affrettate, e fu per questo che volle parlarmi dei rischi che potevo correre lasciando un'azienda chimica dal futuro sicuro, per percorrere la strada della libera professione con tutte le sue incertezze, per quanto fossi consapevole della sicurezza che la Sergio Bonelli aveva sempre garantito ai suoi collaboratori.
Volle mettermi al corrente dei rischi che avrei potuto correre, non ho mai saputo se lo fece anche con gli altri miei colleghi, forse io ero l'unico che avesse un lavoro salariato e con una sua continuità, e sentì verso di me quell'apprensione tipica dei padri che fanno di tutto per ragguagliare i figli sui pericoli della vita, e che cercano in tutti i modi di evitargli degli errori.
Io presi la mia decisione e sono qui.
Ma non dimenticherò mai quella mattina in cui quell'uomo mi trattò come un figlio del quale premeva il futuro.

L'ho rivisto altre volte in redazione, scambiavamo poche battute e mi ripagava sempre con un sereno sorriso di complicità, ed è per questo che successivamente, anche quando realizzavo albi con altre case editrici, facevo in modo di portarglieli personalmente, o farglieli avere sempre con dediche a lui rivolte.
So che apprezzava.
Mi mancherà. 

E' scomparso anche Paolo Morales, sceneggiatore e disegnatore della SBE.
Non lo conoscevo personalmente anche se l'ho incontrato in qualche cena della casa editrice, per cui non ho aneddoti per ricordarlo, se non constatare che anche lui, purtroppo, è scomparso troppo presto lasciando orfani chissà quanti lettori che lo amavano e lo aspettavano periodicamente sugli albi che realizzava.



Paolo Morales.

E' uno strano lavoro il nostro, ma almeno ha il pregio di lasciare qualcosa di noi nei ricordi, e qualcosa di noi anche nei rimpianti di cose che avremmo "potuto fare" e personaggi a cui avremmo "potuto dar vita".

Perché in fondo, dentro ognuno di noi, c'è una grande paura di essere dimenticati.












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