topolino


21 settembre 2012

Bob Peak

Uno di questi giorni mi è arrivato un pacco.


Il pacco conteneva una ulteriore scatola di un bianco avorio con una firma in calce di un rosso tendente al fucsia, al suo interno, lo vedete: uno splendido volume con le stesse caratteristiche.
La firma era quella di Bob Peak.




A dire la verità ne stavo aspettando anche altri di pacchi, ma questo diciamo che erano anni che lo attendevo, perché di lui, nonostante la fama e il desiderio per molti di avere un volume che ne riproducesse gli innumerevoli lavori, non si era pubblicato né raccolte né artbook che ne glorificassero la pur fantastica carriera.

Bob Peak (1927-1992) è stato uno dei più grandi illustratori americani, ed appartiene a quella schiera di artisti come: Howard Pyle, N.C. Wyeth, Norman Rockwell, Frank Frazetta, Dean Cornwell  e molti altri che hanno caratterizzato con il loro stile, decenni di illustrazione attraversando tutti gli spazi della comunicazione: dalla pubblicitaria alla stampa, dal cinema a quella istituzionale.

Il suo stile proviene da un realismo tipico degli anni 40/50 salvo poi evolversi verso una modernità tipica degli anni '60 con tratti nervosi e dalla pennellata che rivela tutta la sua estemporaneità nel tratteggio e nel nervosismo del segno, fino ad una esplosione di forme, riflessi e decori che ne hanno fatto un autore inimitabile e imitato al tempo stesso, con uno stile carico di richiami all'arte, dalla secessione viennese con richiami a Klimt e Schiele fino al cubismo e al futurismo quando usciva dai canoni commerciali e si tuffava nella "fine art".


Missouri

La prima volta che vidi la sua firma fu davanti a un manifesto per il cinema,  quelli che una volta rappresentavano una vetrina tra i migliori illustratori dell'epoca, ed oggi invece sono soltanto dei gelidi montaggi fatti con Photoshop.
Il film era Missouri, titolo originale "The Missouri Breaks", un western crepuscolare che oggi difficilmente passa in televisione ma che aveva due interpreti di prima grandezza: Marlon Brando ed un allora meno conosciuto Jack Nicholson.
Le due facce erano scolpite con due soli toni di un gessetto usato con una maestria che non conoscevo, e ricordo di avere passato diversi minuti ad osservarlo, oltre che avere pensato seriamente il modo di poterlo sganciare dalla bacheca e portarmelo via.
La firma però, mi risultava incomprensibile, l'avrei decifrata solo molti anni dopo.



Filo da Torcere

La seconda volta fu di fronte al manifesto di Filo da Torcere una sorta di road-movie con protagonista un Clint Eastwood guerriero di strada in combattimenti clandestini, e che come compagno aveva degli strani amici ed un curioso orangoutang.
Qui era il colore che mi affascinava, la stesura a pennellate e la semplicità con cui con disegnini laterali declinò tutti i personaggi del film mi catturò ... ed io quella volta riuscii altresì a catturare il poster, con la complicità e la gentilezza del gestore del cinema che me lo regalò. L'enorme manifesto, forse aperto solo un altro paio di volte, devo averlo nascosto da qualche parte a casa di mia madre. 
Ma la gioia del possesso fu memorabile.



Apocalypse Now

Poi venne Apocalypse Now, dove Peak realizzò più di una versione, oltre a quella classica con la cavalcata al tramonto degli elicotteri, è bellissima anche questa con l'inserimento dei volti dei protagonisti, sempre Brando e Martin Sheen.



Rollerball


Star Trek

Mi accorsi che anche il poster di uno dei mitici film degli anni '70 Rollerball era opera sua, poi venne Superman, l'intera saga di Star Trek e molti altri ancora, ma oramai sapevo cosa cercare, e ogni volta che ritrovavo quel piccolo ghirigoro alla base di splendide illustrazioni, sapevo che per me era un punto di riferimento ed una certezza.





Bellissimi sono anche i disegni e gli schizzi meno istituzionali, dove emergeva la capacità e la libertà con cui faceva correre le matite sulla carta, la spontaneità e la sicurezza della gestualità di segni nervosi e decisi oltre che stilisticamente perfetti ed espressivi, ed un uso del colore magnifico.

Insieme ad una cinquina formidabile: Bernie Fuchs, Fred Otnes, Mark English, Robert Heindel e Alan E. Cober ha rappresentato l'Illustrazione Americana degli ultimi decenni del secolo scorso, e quando le opere si realizzavano sporcandosi le mani e usando tele, cartoncini, oli e gessetti e tutto questo, intendiamoci, non è detto con fini nostalgici, ma solo constatando come le cose, negli anni, siano inevitabilmente cambiate.

L'unico elemento ancora indispensabile è sempre lo stesso: il talento.

Per fortuna.




Nessun commento:

Posta un commento