topolino


7 ottobre 2011

Sciopero!


Questo era il titolo del 58imo numero di Ken Parker, uno di quei fumetti che insieme all'avventura ed all'intrattenimento, dispensava pillole di cultura sociale e, divertendoci, ci faceva crescere con maggiore consapevolezza.

Ma la conspaevolezza non la si acquisisce per ereditarietà, ed anche il sottoscritto capiva l'andazzo della mattina scolastica appena usciva dal sottopasso e, sbirciando tra un colonnino e l'altro della balaustra, se vedeva un raggruppamento di studenti davanti alla scuola quando invece sarebbero dovuti già essere nelle aule, sorrideva tra di sé.
C'era sciopero, per quel giorno l'avevamo sfangata.
Siamo onesti: è sempre stato così.

Ma l'immagine che ho usato, quella del pittore Pellizza da Volpedo intitolato "Il quarto stato", è emblematica e fa assumere alla parola "sciopero" un valore oggi, ahimè, desueto, perchè sbatte in faccia quella miseria che quei manifestanti dimostrano nei volti e negli abiti logori e rimanda a periodi in cui gente del genere era predestinata ad una sola cosa, al lavoro con remissività.

Alla fine dell'800 si lavorava anche dodici ore per salari da fame, uomini, donne e bambini, con turni massacranti e senza nessun diritto, senza malattia, senza assicurazioni di nessun genere ed il datore di lavoro poteva decidere a suo piacimento il da farsi su ogni dipendente.
E' duro far capire alle nuove generazioni (non tutte per fortuna) che lo sciopero è "privazione" del salario, non si lavora ma neanche si guadagna, intendiamoci, oggi è perfino difficile concepire anche la semplice idea di privazione, visto com'è tutto a portata di mano, facile da acquistare, avere, possedere, ma lo sciopero a questo è servito, ad affrancare milioni di lavoratori da condizioni di miserie ed ingiustizie secolari.
Difficile far capire che è stata l'arma sociale che ha permesso alle classi lavoratrici di trovare una propria dignità, una propria ragione di essere con tutti i diritti e il rispetto della loro condizione, diritti e rispetto che non avevano e che oggi sembrano acquisiti (e che anzi, si rischia di perdere di nuovo), ma che sono stati conquistati con lotte, sacrifici e, in epoche passate, anche con delle morti.

Oggi lo sciopero non è più partecipazione ma assenza, c'è sciopero e allora non si va a scuola o a lavoro, assumendo così l'equivalenza di una festa, ma lo sciopero è un grido di rivendicazione, è un avviso ai potenti, una messa in guardia che non può essere disattesa, è la sentinella dei nostri diritti ed uno strumento per esigere le nostre libertà e, per quanto in certi casi se ne sia abusato l'uso, il rispetto che ognuno di noi deve dimostrargli va ben al di là di un semplice giorno di vacanza.

Gli studenti di oggi hanno ben il diritto di dimostrare tutta la loro avversione allo stato attuale delle cose, il loro futuro è compromesso, la loro scuola depauperata di valori e risorse, più che stare a casa, bisogna scendere in strada!



PS E chi sa ne tragga le giuste conclusioni.

Nessun commento:

Posta un commento