topolino


9 maggio 2011

Nemoland at last....


Anche Nemoland 2011 è terminato da qualche giorno e i due strepitosi invitati: Stephen Silver e Robin A. Linn sono già tornati a casa ed io con l'intento di far "depositare" le sensazioni dell'avvenimento, anche se un po' in ritardo, volevo fare alcune piccole considerazioni.

Inutile dire che il livello degli ospiti di Nemoland è tale che ogni anno la nostra manifestazione assume un valore sempre maggiore, e la cosa che tengo sopratutto a dire è che queste "eccellenze" sono praticamente ad uso unicamente dei nostri studenti, non è cioè un manifesto pubblicitario per l'esterno (anche se ricadute promozionali ce ne sono, ovviamente) perchè alla fine i veri beneficiari sono esattamente i nostri allievi e quelli del Liceo Artistico di Porta Romana.
Non voleva essere un elogio per la Nemo (non è nel nostro stile), ma mi sembrava giusto affermarlo per chi, talvolta, perda di vista il giusto peso delle cose.

Volevo sottolineare alcune considerazioni scaturite nei giorni in cui sono stato presente, non per paura che non fossero state comprese, almeno spero di no, l'attenzione alle performance degli intervenuti era palpabile, ma mi sembrava giusto, o almeno lasciatemi illudere che possa essere utile fare alcune digressioni.
Prendetele come una chiaccherata fatta in aula che alcuni, tra l'altro, hanno già sopportato.

-Non siamo abituati alla meritocrazia.

L'incredulità nel tono di alcune domande rivolte a Linn, sottolineava tutto lo stupore di una platea -figlia di una nazione- non abituata a muoversi in una società dove il "merito" sia la norma, dove la valutazione delle persone è fatta in proprorzione ai loro meriti ed alle loro potenzialità, dove non esistono "troppi" ostacoli per persone che hanno un know-how adeguato, per chi sa fare ed è bravo, in quel caso e stranamente, trova lavoro senza scomodare amicizie, parentele importanti o politici di turno, a noi pare incredibile, lo so.
It's the world babies...

-Non facciamoci riconoscere.

Di contro, attraverso alcune domande abbiamo anche dimostrasto la nostra mentalità, ovvero ci si preoccupa di "come" si fa ad arrivare ai vertici della piramide, piuttosto che concentrarsi su quanti "sforzi" vanno fatti per incominciare, almeno, a salire il primo gradino.
Perchè è dal primo gradino che si parte, ed è al secondo che si guarda, non all'ultimo.

-Il talento, qualità sconosciuta.

Sia nelle brevi cenni biografici tracciati sia da Silver che di Linn, si percepisce una caratteristica che li accumuna entrambi, che ovviamente per pudore e modestia non hanno enfatizzato più di tanto, ma che li ha portati ad alti livelli di eccellenza: il talento.
Il talento è una qualità/caratteristica di cui NON tutti dispongono, inutile illudersi, come nel calcio non basta tirare bene una punizione per credersi Maradona, nel nostro settore non è sufficiente tenere in mano la matita per definirsi illustratori, o animatori, o disegnatori (tanto per fare un esempio).
Il talento perciò non è reperibile sul mercato, non si acquista, noleggia o è prestabile ma, talvolta, anche il fortunato che se lo trova in "dotazione" negli optionals che la natura generosamente ha inserito nel suo corredo genetico, a volte non sa sfruttarlo e, purtroppo, lo depaupera perchè non ha la capacità di valorizzarlo mischiandolo con altre qualità fondamentali: il lavoro, la fatica, la convinzione, la tenacia e sopratutto l'umiltà.

-Consapevolezza ed umiltà.

Per chi non possiede le caratteristiche sopra citate, queste sono due qualità importanti perchè utili per potersi muovere nell'economia dei risultati che sono possibili da ottenere, possono aiutarci nella valutazione delle proprie capacità e quindi possono evitare le illusioni verso traguardi irraggiungibili, ma sono necessarie per aiutarci anche a cercarne di possibili evitandoci frustrazioni ed umiliazioni inutili.

-Un obbiettivo possibile.

E' comprensibile che all'inizio della carriera, o del percorso che vorremmo fare, non abbiamo le idee molto chiare, magari ci piace l'ambiente, ci affascinano un sacco di cose e all'interno di certi entusiasmi ci perdiamo un po', chi scrive conosce bene queste ambasce perchè ne è stato vittima anche lui, tuttavia è importante avere degli obbiettivi precisi da raggiungere per ottimizzare gli sforzi e concentrarsi su quello in cui riusciamo meglio.
Nelle domande fatte a Linn si percepiva questo senso di ondivaga indecisione, ci piacerebbe fare una cosa ma, se fosse possibile, anche l'altra, e anche questo rientra un po' in una mentalità tutta italiana che sottostà al nostro concetto di "arrangiarsi" (che penso sia una qualità positiva e che per certi versi ci contraddistingue, anche se generica e dispersiva), per cui sappiamo fare discretamente alcune cose pur non eccellendo in nessuna...be', in ambienti e aziende molto strutturate con quadri gerarchici e funzionali molto definiti non solo non è possibile, ma non è richiesto, si DEVE fare una sola cosa, bene, ma magari solo quella.

-Lavorare per vivere o vivere per lavorare?

Silver lavorava come caricaturista a Seaworld? Per quanto tempo lo ha fatto e per quante ore al giorno?
Linn faceva il bancario per potersi pagare una "scuola artistica" per imparare a fare ciò che amava nel tempo rimanente.
In buona sostanza, quanto hanno lavorato duramente? Quanto tempo hanno dedicato in quella prima fase propedeutica del loro lavoro prima di diventare quello che adesso, ma solo ADESSO sono?
Ricordate bene che gli americani inseguono i propri sogni senza rinunciare alla "vita reale" (quella delle bollette da pagare, dell'affitto, della lavanderia....), escono di casa molto giovani alla ricerca di una precoce autosufficienza e non hanno mamme al seguito che gli lavano le mutande, per cui "lavorano per vivere" e nel tempo restante, per chi ne ha la forza e la volontà, impiegano il proprio tempo ad inseguire i loro sogni, e questo è fattibile solo per chi ama veramente una cosa a tal punto da trovare l'energia necessaria per poter faticare anche dopo l'estenuante orario di lavoro (ne so qualcosa), e solo chi crede in questo ha la possibilità, se ne ha il talento, di raggiungere degli obbiettivi importanti.
Ma lo sforzo di volontà da applicare a questa faticosa pratica è talmente significante che racchiude in sè un valore formativo quanto un criterio di dura e implacabile selezione.

Be', finiamola qui...

Sono stato già abbastanza noioso e non vorrei essermi fatto odiare troppo da chi, magari, è uscito entusiasta da quella belle esperienza ed io con il mio pragmatismo lo obbligo a rinunciare ai voli pindarici delle fantasia per riportarlo brutalmente sulla terra.

Ma tanto per concludere con un po' di citazionismo cinefilo, questo non è un paese per vecchi ed altresì quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare....non so se ci siamo capiti.

4 commenti:

  1. giusto!faremo del nostro meglio,adesso che sappiamo qualcosa di più riguardo a quel mondo a cui aspiriamo,non ci resta che seguire i consigli di chi nelle difficoltà ha trovato il coraggio di non distogliere lo sguardo dall'obbiettivo,che è pur sempre il nostro sogno!

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  2. Qualcuno che dice qualcosa di obiettivo senza urlare al miracolo, finalmente.

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  3. Grazie Stefano per questo intervento , ci voleva!

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  4. il successo senza talento e senza fatica è la strada che molti vorrebbero... poveri illusi...

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