Un
salto e via, quella è l'idea.
C'è
sempre voluto pochi minuti, parcheggio, consegno e riparto, per cui
anche nei pochi minuti rimanenti prima della chiusura, sono convinto
di farcela.
Sicuro.
Poi
sono arrivato in quella che credevo fosse la sala dell'ufficio dove
dovevo consegnare lo screening, ma c'è troppa gente, no, non deve
essere quella.
Salgo
così al primo piano, poi semmai chiedo informazioni, mi son detto.
No,
è proprio quella.
Ma
com'è possibile, tutta quella gente?
Nella
sala d'attesa, ci sono più o meno una trentina di persone, e siccome
io sono arrivato adesso, la mia capacità deduttiva mi indica che,
inesorabilmente, io sono l'ultimo.
Alla
porta dell'ufficio c'è un amico in pantaloncini e tenuta da jogging,
lo incontro spesso in pineta, ed è pronto per andarci subito dopo
essere uscito dall'ufficio, mi sorride (poi capisco perché), e mi
dice che l'impiegato è nuovo, è lento e, non si sa bene perché, ma
il tutto si è ingolfato.
Mi
conviene chiedere chi è l'ultimo. Il penultimo mi suggerirebbe la
logica, l'ultimo sono evidentemente io, ma si dice così, chiedo e mi
appiccico la memoria della signora che mi precederà.
Faccio
due parole e poi l'amico, appena si apre la porta entra... ecco
perchè sorrideva, perché per lui l'agonia è finita.
E
comincia la mia.
Non
ho ancora realizzato, ma mentalmente faccio il calcolo di quanto
tempo devo rimanere lì, a squadrare in faccia quelle persone, che
hanno un unica cosa da fare: aspettare.
Io
non sopporto le attese, le file, le perdite di tempo da giramento di
pollici, le detesto e le vivo male. Ma questo mercoledì,
evidentemente mi devo essere alzato con il piede giusto, non scalpito
e comincio a guardarmi intorno, cercando di scrutare le facce, in
quello che è l'ozioso gioco alla ricerca delle personalità che vi
si nascondono.
La
calma che regna nella stanza e l'età approssimativa dei presenti, mi
lascia capire che per loro, la fila, è una parentesi temporale quasi
da benedire e che costella quotidianamente la routine dei loro giorni
anzi, se non ci fossero questi intermezzi inutili che almeno rubano
un po' di tempo, lo stesso non si saprebbe bene come utilizzare, per
cui ben vengano inefficienze, tagli del personale e cattive abitudini
nostrane, almeno servono a far passare le giornate, fornendo
argomenti vecchi e stantii, ma sempre riciclabili alla bisogna.
Qua
dentro sono il più giovane ad occhio e croce... no, la signora che è
entrata insieme a me e che conosco ha un paio d'anni meno. Me la
ricordavo un po' meno rugosa ma, ahimè, gli anni passano anche per
lei, nonostante si vesta e si atteggi a milf, poi si guarda intorno,
fa il calcolo di quanto dovrebbe starci e lo aggiunge al resto delle
cose da fare, e decide di ritornare più tardi.
Accanto
a me un signore appoggiato con rassegnazione alla parete cerca di
ammansirmi con una considerazione sul tempo restante, e con un
laconico:
-Vedrà
che si fa presto, cosa vuole che sia?... sono solo pochi minuti...-
E'
un pensionato che come gli altri non ha niente da fare, evidentemente
il supplizio per lui è del tutto trascurabile.
Ma
ha la faccia che non lo dimostra, anche se non brilla per ottimismo e
vitalità. Un signore si stacca da un altro gruppetto, dopo avere
fatto una considerazione sul chi era primo e chi veniva dopo, guarda
il mio vicino e lo saluta, non l'aveva riconosciuto; chissà, magari
è anche vero, o magari aveva fatto finta di non vederlo ma poi,
computando il tempo che restava e le cose da fare, si è convinto che
scambiando due chiacchere amene e inutili, magari gli sarebbe stato
utile per annoiarsi meno.
E
il dialogo va più o meno così:
-Bah,
'un t'avevo riconosciuto... come va?
-Che
vuoi che ti dica: aspettiamo. 'Un ci resta altro da fa'.
-Eh
sì, ma più s'allunga 'l tempo e meglio è, un credi?
-Infatti,
io un'ho mia furia...
-Certo,
meglio ci s'arriva e meglio è, vero?
-Eh
sì, hai visto Pino com'ha fatto presto? Du' analisi sbagliate, e
via... al cimitero.
-Porca
miseria, davvero...
-Un
ci vor nulla oggi, con tutti que' troiai che si mangia.
-Già...
certo, e fossero solo quelli...
Pausa.
-Be',
ci si vede eh...
-Se
un si diventa anche ciei...
-Ciao.
-Bona.
Si
allontanano pochi metri l'uno dall'altro, sono bastate due parole,
inutili, vuote, per suggellare una conoscenza labile, fatta di
convenevoli.
Poi
ognuno rientra nel proprio universo.
La
porta a fotocellula si apre, e in quei pochi secondi che rimane
aperta fa volare vesti e capigliature, soffia infatti un maestrale
teso che, da giurarci, muove il mare macchiandolo di sfumature e
impedendo le balneazioni. Entra un signore che indossa un vestito
intero cachi, pelata e baffi bianchi, sembra un ex-impiegato di buona
levatura, sorriso cortese e all'apparenza educato, ha il casco dello
scooter (sono sicuro, non è una moto), si rivolge a me con un
sorriso complice:
-A
che numero siamo?
-E'
tutto sballato, i numeri sono saltati e si va per ordine d'arrivo.
Si
guarda intorno e si rivolge di nuovo a me, quasi fossi il custode
della lista degli arrivi e potessi concedergli chissà quali
attenuanti.
-Ah...
allora ripasso più tardi.
La
gente tutto sommato è tranquilla, si guarda, parlotta sommessa
facendo considerazioni sull'anomalia della mattina, qualcuno riceve
delle telefonate e spiega i motivi del suo ritardo, chi si conosce
conversa tra di loro.
Arriva
un signore claudicolante, aria da benestante, un colorito di chi ha
tempo e non disdegna il mare, baffetti volitivi, ha il bastone e
cammina come se stesse per pestare delle uova sparse sul pavimento,
so che ha avuto un brutto incidente che gli ha regalato
quell'andatura un po' ridicola ma, tutto sommato, ne è uscito bene.
Lo conosco perché viene al mare dove vado anch'io ed è un accanito
giocatore di burraco, nonostante la settantina passata veste ancora
in modo giovanile (il più brutto termine per definire chi è vecchio
ma fa di tutto per non sembrarlo), ed ha una moglie che dimostra
tutti gli anni che ha, ma li porta con una disinvoltura che la rende
carina e da l'idea di essere simpatica, minuta e magra con un taglio
alla maschetta che le dona: una bella coppia.
I
minuti passano, il mio vicino sempre per paura che crolli il muro, vi
rimane appoggiato con convinzione.
La
signora che mi precede invece ha sempre la stessa espressione,
imperturbabile guarda di fronte a sé come se il mondo fosse al tempo
stesso meraviglioso o una cagata pazzesca.
Entrano
varie signore, fanno inevitabilmente la stessa domanda e si
distribuiscono nella stanza con rassegnazione, le donne hanno una
pazienza tutta loro, per motivi generazionali, di DNA o semplicemente
perché sono migliori di noi, riescono a mantenere quella
tranquillità che invece quelli come me, spenderebbero capitali per
poterla acquistare.
Al
chilo, ovviamente.
Rientra
la signora che era arrivata insieme a me, l'ho già detto, la
conosco, e anche lei mi conosce, è solo che nei paesi talvolta, non
si sa bene in onore a quale legge promulgata all'ignoranza, si fa
finta di non conoscerci, salvo poi, in altre occasioni, rivelare
inaspettatamente una confidenza che non sembrerebbe neanche
possibile.
Misteri
della provincia.
Oramai
l'unico modo per ammazzare il tempo è quello di essere il killer
nell'osservazione dei presenti, e lei mi attizza.
Si
posiziona vicino alla porta, in modo che il vento che entra alla sua
apertura le possa scompigliare un po' i capelli, dandole modo di
riposizinarli, ma non con troppa cura, facendola apparire un po'
scapigliata, che fa molto più figa. Lo sa anche lei che è tutto un
florilegio di pensionati e gente che non ha niente da fare mentre lei
invece no, e in qualche modo deve pur mostrarlo, non vi pare? Del
resto non siamo nel millennio della comunicazione?
Sfodera
così l'ultimo modello di smarphone, per dare un segnale univoco, voi
siete vecchi e vi girate i pollici, io sono trendy e smanetto su
Facebook... sapete cos'è? No, appunto, perché siete vecchi.
Ma
lei no sa che proprio per le stesse ragioni, la cosa non interessa a
nessuno, gli sforzi sono vani e nessuno neanche se la fila, ed
infatti il parterre se ne frega bellamente. Ed io con loro, e dopo un
po' sposto il mio punto d'osservazione altrove.
Poi
entrano tre persone. Due uomini ed una donna.
Anch'essi
stupiti dalla calca che via, via si sta comunque diluendo, nonostante
periodicamente arrivino nuovi adepti a rinfoltirla, fanno la domanda
rituale e si accodano.
La
donna, di colore, direi o indiana o cingalese è evidentemente la
compagna (in questo caso difficilmente sono mogli), di quello più
basso e tarchiato, occhi azzurri e catenina al collo, abbronzato dal
sole e dall'aria di quello che si è scrollato di dosso una vita
convenzionale e, con l'ultimo viaggio fatto ha scoperto il mondo, ha
rinnegato la moglie e l'ha mandata a cagare, e s'è fatto la compagna
esotica, ed adesso si gode quei due spiccioli di pensione facendo
quello che probabilmente non ha fatto a vent'anni.
E
cioè vivere.
L'altro
lo sovrasta di almeno venti centimetri, ha l'aria arcigna ed il naso
adunco ma ha l'aria di essere una pasta, la sua vita probabilmente è
scorsa sui normali binari della quotidianità e, forse, invidia
l'amico che il coraggio di cambiare, almeno lo ha avuto. Sembra
infatti assecondarlo nelle sue considerazioni, è come se concedesse
all'altro il privilegio delle ragioni dei suoi punti di vista, si
sente inferiore, di quell'inferiorità che nell'adolescenza, il
brufoloso concede al coetaneo che invece ha la ragazzina, e la
conversazione tra i due, è quanto di più attuale si possa ascoltare
tra le persone in ogni angolo del paese in questo periodo:
-...
e gli ho detto allora, ma pensaci bene? Sei sicuro? In Italia di
lavoro non ce n'è e tu lo sai... ma chi te lo fa fare di tornare,
resta lì!
E
quello alto:
-Eh
certo, in quei paesi c'è la meritocrazia, non è mica come qui che è
tutta una raccomandazione... là chi sa fare fa, non ti chiedono mica
se sei il figlio di...
-Ma
il problema è la fidanzata, la su' mamma la pompa per farla tornà,
quella scema... che dici, è laureata in Belle Arti, in Belle Arti
dico io, ma cosa ci vuoi fa' con le belle Arti qui da noi...
quand'era qui guadagnava 500 euro, ma con 500 euro oggi, mica c'hai
un futuro...
-Ma
dov'è che sta il tu' figliolo?
-A
Perth, è sulla costa orientale, tutto moderno, ci sta bene, fossi in
lui resterei là, resterei... ma ci starebbe bene anche la su'
fidanzata se la mamma un rompesse i coglioni. Te guarda che anch'io
un lo so mica se ci torno o meno in India, si sta meglio che da
noi... una volta erano arretrati, ma oggi e so' più avanti di noi.
Io nella mi' vita ho fatto un viaggio solo, qualche anno fa
(e si vede che era meglio se ne facevi di più, ti ci sei perso una
moglie e ne hai trovata un'altra, si vede che eri poco abituato),
ma secondo com'è ci ritorno... almeno quei due spiccioli della mi'
pensione mi durano di più (e
magari la prossima volta cambi pure questa, di donna).
-Ma
certo, hai ragione... te guarda in Europa, sai quanti pensionati
vanno alle Canarie perché là con la pensione campano meglio che
qui.
Poi
si avvicina una signora, non capisco quello che dice ma sicuramente
fa un parallelismo con i guai nazionali, i politici che ne sono
complici e responsabili e tutta l'armata delle convenzioni
dialettiche utili nell'occasione, al che il piccoletto risponde:
-Ma
certo... che vuoi che cambi? Sono loro i primi che rubano, spendono e
fanno quello che gli pare... tanto in questo paese un paga nessuno.
Quando sono andato in India io, hanno preso uno che aveva stuprato
una ragazza, i poliziotti l'hanno data alla gente che l'ha riempito
di botte e poi l'hanno buttato in prigione... e un so' mica come le
nostre là, là ci schianti in quell'umidità.
-Certo,
ma dico io che s'aspetta a fa' così anche noi. Noi invece gli si da
tutte le comodità, la televisione, l'ora d'aria.. altro che ora
d'aria...
Dice
l'altro.
Poi
mi stanco, la circumnavigazione dei luoghi comuni, per oggi può
bastare.
Entra
un'altra conoscenza. Questa signora la incontro spesso in pineta con
il cagnolino, passeggia da sola, da anni.
Ha
capelli lunghi e neri, di un nero fatto di tinture continue e
settimanali, mai una ricrescita, trucco pesante, abbronzatura perenne
estate ed inverno, abiti da trentenne nonostante ne abbia
abbondantemente più del doppio. Una donna così, in provincia desta
subito sospetti ma io, a dire la verità, vuoi per disinteresse, per
ignoranza o più semplicemente perché non me ne può fregare di
meno, non posso dire niente, anche perché a me da l'idea di una
persona triste e sola. Oggi, la psicologia moderna ha istituito il
“cane” come dissuasore di psicosi, nevrosi, e problemi di
relazione ed all'equilibrio mentale, oltre al sano e normale amore
verso uno degli animali più belli e di compagnia del creato, per cui
sarebbe perfino troppo facile annoverarla tra le persone bisognose di
affetto, ma potrebbe essere anche quello un segnale. Per me è una
persona che ha avuto un passato di cui forse non è troppo fiera, e
fa un po' tristezza per come deve relazionarsi alle donne della sua
stessa età, per cui la vedi così agghindata che parla con le
coetanee più dimesse, tranquille e paciose nel loro status di
casalinghe magari anche felici, e lei che sembrerebbe una che, se
potesse, andrebbe in discoteca la sera stessa... se potesse, ovvio.
Ed il contrasto è quasi comico.
Ma
a me fa un po' tenerezza, anche perchè spesso ti guarda con l'occhio
un po' a pesce lesso come a voler ricercare un compiacimento della
sua bellezza nel tuo sguardo, quando invece tu vuoi distoglierlo
proprio per evitarle delle brutte delusioni.
Guardo
l'orologio, almeno quello l'ho portato, il cellulare l'ho lasciato a
casa proprio perché credevo che nei cinque minuti necessari non mi
servisse, comunque riflessione dopo riflessione è passata quasi
un'ora.
Uno
dopo l'altro entrano due amici, anch'essi stupiti come tutti della
ressa, controllano l'orario stampato sul loro foglio e poco dopo,
rassegnati, comprendono che l'orario scritto là sopra oramai è solo
inchiostro sulla carta. Mi avvicino a loro, il tempo di scambire due
parole e tocca a me. Finalmente.
Io
come sempre sono un fulmine, e qualcuno mi dovrebbe spiegare perchè
io, dopo qualunque fila mi debba sorbire, al mio turno me la cavo in
pochi minuti agevolando lo smaltimento, quando generalmente la
persona di fronte a me invece deve compilare decine di scartoffie e
fare controlli incrociati su tutti i dati disponibili, perchè ci
dev'essere una logica perversa in queste cose. Una logica che mi
danneggia sistematicamente.
L'impiegato,
odiato sommessamente da tutti i presenti, invece si rivela carino,
coscienzioso e dotato anche di una ruvida ma sincera psicologia,
oltre che essere cordiale e simpatico, e la cosa paradossalmente mi
riconcilia con un'attesa che è stata migliore di come me
l'aspettavo.
Sono
quasi preoccupato.
Uscendo
mi potrei trattenere con gli amici rimanenti, ma qui riemerge tutta
l'impazienza tenuta a bada dalla coercizione forzata dell'attesa e,
con un veloce e volitivo saluto li mollo in quella stanza che mi ha
visto protagonista anche per troppo tempo.
Toh! la
signora che giocava a fare la figa si è risvegliata, tra i tanti
pensionati almeno un paio di coetanei che meritano attenzione, fa la
spiritosa e intavola due brevi chiacchiere, in quei pochi secondi in
cui mi trattengo sorride anche a me con una complicità che non
sembrava volesse dimostrarmi precedentemente.
Ma
non mi diverto più, e infilo la mano nella tasca alla ricerca delle
chiavi dell'auto.
Perfetto per una antologia per app letteraria, che si aggiorna periodicamente di storie narrate da autori
RispondiEliminaComunque, la mia è solo una “app delle idee”... o una idea di app (di molti anni fa).
Complimenti, Stefano. Mi sono divertito, non solo per gli episodi da te osservati, principalmente per come ce li hai narrati.
Notevole. Come al solito. Grazie. Ciao.
RispondiElimina