Siamo qui, in attesa del volo Ryanair Pisa-Eindhoven, per poi prendere la destinazione Rotterdam, proprio là, dove ieri sera la Roma si è guadagnata il passaggio agli ottavi di finale contro il Feyenoord, squadra locale i cui tifosi si erano fatti riconoscere mettendo a ferro e fuoco Roma nella partita di andata.
Ben gli sta...
Sto spippolando sul mio tablet, in attesa dell'imbarco, sono un po' in anticipo ed ho deciso di sguainarlo in alternativa allo snorckling delle facce in sala d'attesa.
La comodità dell'Ipad è quella di essere sempre e ovunque disponibile (ovviamente se ve lo portate dietro), che ci sia o no la connessione WiFi, a qualcosa serve sempre, anche a giocare a carte, con uno schermo più visibile di uno smartphone, ovviamente.
La cosa che invece infastidisce la parte di me che ancora è debitrice della mentalità del secolo scorso, è il fatto di non avere più la capacità di stare con le mani in mano, concedersi alle riflessioni, insomma, indugiare al cazzeggio nullafacente e nullapensante dei momenti di sosta, delle pause che la vita, grazie al cielo, ci concede togliendole alla frenesia e lo stress quotidiano.
Ma sembra che non siamo più capaci di apprezzarli, quei momenti...finiamo per abbarbicarci a questi aggeggi digitali imperatori della nostra vita, utili per carità, ma ingombranti come una suocera anzi, perfino peggio, stanno lì a tentarci con le loro interazioni, i giochini, i passatempi, i social e le connessioni, tutte cose anche simpatiche, per carità, ma che ingombrano la nostra vita di cazzate.
Sarà per questo che oggi grandi filosofi non ci sono più, perché i grandi pensieri frutto di meditazioni sotto gli olivi, o sotto un melo nell'attesa che cadano frutti atti a rivelarci i grandi misteri della vita, sono impossibili, non abbiamo più le occasioni per farlo.
A minuti dovrebbero arrivare anche Roberto Ricci e Laura Iorio, almeno se la prenotazione del volo corrisponde alla mia, mi sembrava di sì, ma fino ad adesso di loro neanche l'ombra.
So che dovrebbero arrivare in treno.
Che ci siano già delle defezioni tra le fila degli italiani?
Sì, in effetti Roberto Ricci e Laura Iorio all'ultimo momento hanno avuto un contrattempo e non sono potuti venire, ma lo saprò solo al mio arrivo.
L'aeroporto di Eindhoven.
Partenza in orario ed arrivo ad Eindhoven alle 19,15 ritiro bagagli con incontro di una studentessa della Nemo (Animazione), in visita alle cugine che abitano anch'esse a Rotterdam, che mi ha riconosciuto e carinamente mi è venuta a salutare con la madre.
Ma all'arrivo non c'è nessuno ad aspettarmi: si comincia male.
Telefono a Frans Meijer, l'organizzatore di cui preventivamente avevo memorizzato il cellulare e mi avvisa che arriverà a momenti qualcuno a prendermi, sarà Rafi, un simpatico ragazzo che percorrerà con me i quasi cento chilometri che dividono le due città, parlando di calcio (anche da queste parti il calcio è uno sport esageratamente amato).
All'hotel dalle curiose tendenze di design, tanto sconclusionato quanto kitch, ma tutto sommato decente, mi vengono consegnate le chiavi e prontamente siedo a tavola con Frans e dei colleghi serbi, Drazen Kovacevic, Dejan Nenadov e Mirko Colak ed altri, con cui mi metto a parlare nel mio inglese improbabile fino all'arrivo degli italiani usciti alla scoperta della città. Gli italiani sono Laura Zuccheri ed il compagno Cristian, insieme a Roberto Zaghi e la moglie Marica, una simpatica giapponese.
Qui scopriamo che Roberto e Laura non sono venuti e che io il lunedì mi dovrò sciroppare la permanenza nella città tutto da solo, sai che bellezza!
In attesa di una pizza come cena, si fa avanti Marcel Bresser, seduto all'altro tavolo intento fino a quel momento a parlare con i franco-belgi, un simpatico olandese dalla chiacchiera veloce ed un inglese fluido, scopriamo in seguito non solo essere con la sua compagnia, la Zwijnenburg B.V. è lo sponsor principale della manifestazione, ed è un armatore di grido, proprietario di quattro cantieri che costruiscono scafi per ricconi dell'emisfero terraqueo, ha qualche centinaio di operai e ci mostra con orgoglio una foto insieme a Stephen Spielberg, evidentemente uno dei suoi tanti clienti, ci mostra dall'IPhone la sua splendida tenuta nelle vicinanze della città, con una magione in stile campagnolo ricco old fashioned Holland, e non so se mi sono spiegato.
In realtà Marcel ha un modo di fare che gli americani raffinati definirebbero understatement, sembra infatti uno dei suoi operai, piuttosto che il magnate che è, è molto simpatico e alla mano, si capisce in realtà chi è non appena però si sale sulla sua stupenda Jaguar automatica.
Tuttavia siamo tutti stanchi e decidiamo di andare a letto, l'appuntamento è per domani mattina alle dieci, almeno così ci dicono gli organizzatori.
L'Hulstkamp gebouw, il palazzo che ospitava la manifestazione, situato sull'isoletta di Noordereiland.
La vista di fronte al palazzo della manifestazione.
L'allegra brigata italiana, sullo sfondo l'autrice Viviane Nicaise e uno dei tanti Bart, il più cordiale, poi da sinistra Roberto Zaghi, Marica, il sottoscritto, Laura Zuccheri e Cristiano.
La mattina, dopo la colazione con "surprise" (la colazione va pagata di tasca nostra, anche se il sottoscritto, passando ignaro di tutto e con la nonchalance di chi ha l'innocenza che l'accompagna passo dopo passo, se l'è sbafata a scrocco senza saperlo), siamo costretti ad aspettare gli organizzatori per quasi un'ora perché, pare, che ci sia traffico.
Dopo queste prime peripezie poco bene auguranti, veniamo portati in questo austero palazzo d'antan, di chiara foggia locale, ma sicuramente risalente almeno ad un paio di secoli fa, dove sono disposti dei tavoli con delle sedute, senza nomi o riferimenti, della serie: ad ognuno il suo, e che ciascuno si accatti il proprio.
Io mi ritrovo accanto a Laura e comincio le mie dediche che terminano praticamente fino al l'interruzione per il pranzo.
Usciamo lasciando dei fan seduti ad aspettarci sulle loro scomodissime seggioline, e veniamo portati un paio di isolati da lì, in un locale che assomiglia molto di più ad un bar che ad un ristorante e, secondo me, infatti è un bar.
Qui attendiamo oltre un'ora e mezza per un piatto con contaminazione del Suriname, fatto di qualche pezzo di carne, un po' di verdura lessa è un caschetto di riso bianco non condito. Una prelibatezza.
Poi rientriamo ed anche qui ci rialziamo soltanto verso le 18,30 a fine sessione di dediche fatte senza soluzione di continuità.
Al rientro nel nostro albergo, ogni ospite si imbatte in quella che sembra un destino beffardo di fine giornata, di quelle ingrate però. Che alla fine ti regalano la sorpresa che non ti assetti, proprio nel momento in cui aneli al relax totale della doccia, e cioè ogni chiave d'ingresso alle camere risulta disattivata (sono di quelle automatiche ad inserimento), attendiamo anche qui una mezz'oretta e poi tutto si risolve con una nuova distribuzione di chiavi, ma non abbiamo più tempo per il traccheggio di fine giornata.
Il ristorante è il Bazar, in quello che sembra il centro vitale della città, o almeno quello che prende vita il sabato sera.
Il Bazar è un locale enorme disposto su quattro piani, anche qui realizzato con un interior design orientaleggiante ma fatto da un architetto che almeno un paio di canne se l'è fatte con estrema soddisfazione, ma con le sue piastrelle a vetro e riflettenti dona al locale un'originalità apprezzabile. E comunque i posti fortunatamente sono prenotati perché il casino è totale, il rumore assordante e la congestione notevole.
La cena è a base di spiedini con la carne (almeno questa è stata la mia scelta), riso (immancabile, pare) con verdure ed una minestrina anch'essa di verdure a contorno, tutto sommato abbastanza buono anche se la decodificazione dei sapori e dei rimandi degli stessi, non è stata affatto facile, ma oramai lo sappiamo bene, inutile porsi domande delle quali le risposte non ci piacerebbero neanche, meglio godersi la quantità del cibo e l'appartamento dello stomaco, piuttosto che elencare le stelle del gourmet. Il tutto annaffiato da una birra Afflingen, quella sì, come sempre ottima.
Rinunciamo alla Rotterdam by night che ci viene offerta con l'invito a bere un caffè, ma questa volta, noi italiani, non ce la sentiamo di accedere alla movida locale e decliniamo l'offerta per preferirle una doccia ed una sana dormita.
Il ristorante Bazar, dal rivestimento ad ornamenti orientaleggianti fatti di specchi.
Gli italiani insieme ad un sorridente Marcel Bresser.
Lo spiedino a base di carne ordinato e l'immancabile riso.
La solita lotteria, inserimento della carta a destra con l'arrivo dell'ascensore opposto, e poi via a letto, nel nostro appartamento con cucina (be' sì, non ve l'avevo detto, ogni camera ha anche l'uso cucina, che si presenta, all'entrata della camera, con un effetto di dubbio gusto).
Domani stessa ora, proveremo a pagarci la colazione altrove, appuntamento alle nove nella hall, poi si vedrà.
Errata corrige, i miei colleghi non hanno avuto il coraggio di uscire, rimanendo al sicuro all'interno dell'Art Hotel, un quattro stelle date con eccessiva benevolenza, ed hanno preferito così pagare la colazione (al buffet, e quindi di quantità), non rischiando l'esterno che, in effetti sarebbe risultato deserto, la domenica mattina ogni esercizio rimane chiuso.
I volontari per il trasporto alla location della manifestazione erano già in fila all'esterno dell'albergo, aspettandoci, sembravano dei G-men in attesa dei boss malavitosi da scortare.
La sessione mattutina di dediche è stata incessante e monocorde, una tirata fino alle 13,00 poi, per non incorrere nei ritardi del giorno precedente (ma forse anche perché nel raggio di svariate miglia non c'era un locale aperto), gli organizzatori ci hanno richiesto la scelta sui panini in dotazione al bar del festival e ci siamo sbofonchiati nientepopodimeno che un sandwich al pesce (?) da leccarsi i baffi, annegato in un bicchiere di birra. Il tutto per il modico tempo di poco più di una mezz'oretta. Soddisfatto il mio ego, vista la necessità di stare un pochino a dieta per colpa dei continui eccessi dei miei ultimi giorni.
Poi dediche, fatte ad una caterva di Bart e Laurens, intervallate dai saluti degli altri autori che, alla spicciolata, cominciavano a riunire le proprie carabattole per andarsene, beati loro, con treni e aerei domenicali.
Abbiamo terminato alle 17,30, dopo avere esaudito anche l'ultimo visitatore, io ed un francese gli ultimi a lasciare il tavolo delle dediche, mentre già gli inservienti del locale toglievano sedie e riunivano i tavoli, roba che se rimanevo ancora per un po', mi facevano spazzare per terra.
Non mi è parso di vedere molta gente, gli appassionati si sono suddivisi le dediche un po' di tutti gli artisti presenti ma a me, a dire la verità, sembravano sempre gli stessi, c'è da dire che non abbiamo mai avuto un attimo di tregua, e questo è positivo, o almeno da un senso al tutto.
La sera appuntamento nella hall, il pigmalione della serata è Frans, il presidente, Marcel se n'è andato, la mattina deve lavorare e sappiamo molto bene che il suo lavoro porta dei bei frutti e non va affatto trascurato.
Siamo rimasti solo cinque ospiti, Roberto e Marica, Dan Verlinden e Serge Pellé, francese di Tours. Ceniamo insieme all'albergo, di nuovo pizze ed il belga si avventura in un piatto di tagliatelle, magari sono anche buone (per lui), tanto va a sapere come sarebbero dovute essere....
Ci tratteniamo un po' io e Roberto, per farsi due amene chiacchiere tra colleghi, prima di andare a letto, parlando di lavoro, di editori e di comuni problemi, le solite cose dette e ridette ad un'intermittenza proporzionale ai festival che frequento, ovviamente sempre a persone diverse, per fortuna, altrimenti sarei da rinchiudere...per quanto...
Il problema che mi attanaglia al momento però, è la pianificazione del giorno successivo, ho l'aereo in partenza alle 19,55 da Eindhoven, che si trova quai a cento chilometri e più o meno ad un'ora di macchina, sono perciò nelle mani di Frans, l'incaricato di portarci a destinazione (sia me che Roberto e Marica) e, per quanto simpatici, talvolta abbiamo nutrito qualche perplessità sull'organizzazione dell'evento, per quanto a loro giustificazione c'è da dire che era la prima edizione, almeno a Rotterdam, e siccome alla reception l'inefficiente ragazzotto dietro al desk mi aveva testè detto che non poteva tenermi il bagaglio la mattina, sembrava quasi che dovessi partire di buon ora insieme agli altri, con la prospettiva di passare praticamente tutto il giorno all'aeroporto.
L'epilogo rischiava di farsi drammatico, ma ho deciso di preparare la borsa e farmi trovare pronto all'imbarco degli altri l'indomani mattina, lasciando eventualmente il bagaglio nell'auto di Frans, che tanto sarebbe dovuto venirmi a prendere comunque.
La decisione alla mattina successiva.
In alto la fermata della metro di Maashaven, in quel punto sopraelevata, e poi altri scorci della città.
Come volevasi dimostrare il ragazzotto del desk ERA effettivamente un coglione, la ragazza in servizio la mattina (le donne sono avanti anni luce, bene farsene una ragione, cari maschietti), non ha fatto nessuno problema e l'ha posizionata da una parte.
Bene. Salutati i partenti, mi sono preso la metropolitana per andarmene alla scoperta del porto più grande ed importante d'Europa.
Fermata Maashaven in direzione Beurs, il centro.
Il tempo è stato soleggiato per quanto intervallato da nuvole spazzate da un gelido vento che, quando si fa sentire tra un palazzo e l'altro, mette i brividi.
Appena uscito dalla metro la città mi è apparsa deserta, è lunedì mi sono detto, se è come in Italia i negozi sono tutti chiusi, vedrò le solite cose ma con la tristezza della desertificazione umana.
Non era vero, aprono solo più tardi, la città pian pianino si è animata e si è mostrata in tutto il suo splendore.
Non entrerò nel merito della descrizione (inserirò le foto), anche perché c'è ben poco da dire, Rotterdam è stata rasa al suolo dai bombardamenti tedeschi nella seconda guerra mondiale, l'importanza strategica del suo porto l'ha trasformata in un obbiettivo privilegiato e quindi sono rimaste in piedi ben poche costruzioni. È stata perciò ricostruita di sana pianta, e adesso si mostra con uno skyline degno di New York, piena di palazzi moderni, tutto acciaio, cristalli e riflessi, ed intervallata da canali più o meno grandi, con o senza battelli, e con ponti avveniristici che la collegano tra le rive dei suoi canali.
Un immancabile ristorante nel centro di Rotterdam. Era chiuso altrimenti, sicuro, sarei entrato per chiedere l'autenticità della sua toscanità ai proprietari.
Le famose case cubiche di Piet Blom.
Altre vedute della città.
Il tempo passa veloce tra una foto e l'altra, la mattinata è piacevole e scorre veloce, arrivo all'ora dell'appuntamento e Frans è addirittura in anticipo, evidentemente già lì dopo avere riportato gli altri in aeroporto, oggi per lui è una dura giornata da tassista.
Tre viste di questo fantastico mercato coperto inserito in questo palazzo e che si sviluppa per altri due piani sotto terra.
Un lavoro curioso ma, a suo modo, altamente specializzato, il pulivetro del mercato, ore e ore a detergere una superficie finestrata imponente.
Non vi ho parlato di Frans, il presidente che in fondo è quello che mi ha invitato.
È un personaggio davvero curioso, per tutta la manifestazione si è visto sì, ma sempre con discrezione, c'era, ma non si vedeva, la sua presenza defilata. Vestito come un gangster degli anni '70, ha l'aria di quello che sembra voglia essere sempre da un'altra parte, un viso che sembra disegnato da Jordi Bernet (copyright Roberto Zaghi), e non ha la loquacità un po' logorroica di Marcel e, ma questo per me è una qualità, la capacità di starsene al suo posto senza per forza sentire sempre la necessità di dire qualcosa, e a me sta simpatico.
Al di là della puntualità, Frans alla fine si è dimostrato una persona piacevole e cordiale, abbiamo parlato per gran parte del trasferimento da Rotterdam ad Eindhoven, lui nel suo fluente inglese, io nel mio scarso e indecoroso ma, pare, mi abbia capito.
L'International Stripfestival di Rotterdam è stato un evento simpatico e cordiale, va messo a punto come le migliori auto da corsa, ma l'ambiente che la circonda è caloroso, i volontari sono entusiasti e si contendono le dediche migliori facendo a gara tra loro. La location della manifestazione è un luogo austero ma molto caratteristico, un palazzo costruito su una delle isolette della città che dall'architettura di almeno un paio di secoli fa, deve essere uno dei pochi rimasti in piedi dopo i bombardamenti.
Altri scorci di Rotterdam, al centro anche l'ottavo nano, Fronzolo, immortalato con uno strumento di dubbi gusto in mano.
Il mercato olandese rimane per me un'incognita, in un bookstore del centro ho trovato una sezione dedicata ai fumetti, la maggior parte dei quali sono di origine franco-belga con qualche produzione autoctona, ma so che vengono pubblicati anche Tex e qualche altro fumetto popolare, probabilmente in vendita altrove. Le edizioni sono però molteplici e per quanto la faccia da padrona il formato francese ma rilegato in brossura, almeno delle edizioni di Hasta la Victoria! ne ho firmati di brossurati, cartonati e cartonati con sovraccoperta, per cui c'è evidentemente di tutto.
Resta un mistero il mercato, nel senso delle quantità del venduto e delle possibilità del suo sviluppo...ma c'è.
L'ultima foto scattata all'aeroporto prima di partire, un bel tramonto per quattro simpatici giorni trascorsi in terre d'Olanda.
Adesso sono qui, all'Eindhoven Airport che sto scrivendo sul mio IPad, in attesa che si attivi il check-in, Pisa è una delle ultime....alzo gli occhi, bah...mi pare che si sia acceso il display accanto al volo, vado.
Ho scritto già abbastanza ed ho ben poco altro da dire, adesso l'importante è che l'aereo non faccia ritardo, domani devo anche svegliarmi presto, sono a Firenze.
Chi l'ha detto che la vita del fumettista è sedentaria?
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