topolino


1 settembre 2014

Stati Uniti -1a parte- San Diego Comicon

Prendiamo atto della nostra latitanza degli ultimi mesi e ce ne scusiamo, non amiamo la logorrea di chi scrive puntualmente e quotidianamente su tutto lo scibile umano (anche se si dice che chi ama la scrittura dovrebbe farlo ogni giorno) e, potendo, proviamo a scrivere quando ce ne sembra, o abbiamo parvenza che sia di pubblica utilità, o meglio, detto in soldoni: quando si pensa che quello che si ha da dire possa interessare qualcuno che vada oltre alle persone della nostra cerchia familiare (anche se non credo neanche di avere tutta questa ascendenza in famiglia).

Per cui siamo qui a commentare la nostra avventura americana che, con quella Giapponese fatta poco più di sei mesi fa, fa di noi degli autentici ed instancabili globetrotters, e mai siamo stati così "trotters" come in questa occasione.

Armatevi di pazienza perché le puntate non saranno poche, i giorni sono stati molti e le cose da raccontare altrettanto impegnative.

Buona lettura ma, sopratutto, buona fortuna.



23 Luglio. Mercoledì.

Partenza.

Luglio uggioso e senza un sole costante, anche alla partenza il tempo si mostra coerente con sé stesso, nuvole e rari sprazzi il tutto condito con un po' di pioggerella.
Al Galilei (l'aeroporto di Pisa) ci ritroviamo tutti con puntualità come previsto, i treni per l'aeroporto sono soppressi, il terminal ferroviario infatti è in rifacimento, come dovrebbe essere ogni infrastruttura italiana, speriamo venga migliorato.
Volo Delta destinazione New York, aereo piccolo e dopo lo scampato pericolo di sedersi accanto a due bambini in viaggio da soli (comunque carini e simpatici) io è Francesco veniamo fatti accomodare presso l'uscita di sicurezza, posto fantastico perché è possibile l'allungamento indiscriminato e senza contrizioni delle gambe: è andata bene.




In partenza da Pisa.

Visione di "Ender's Games" e dopo un leggero sonno molestato da difficoltà di posizione, mi appresto anche alla visione di "Divergence", due titoli giovanilistici, che vorrà dire, voglia di fanciullezza?
Sosta di tre ore all'aeroporto Kennedy di New York per il cambio di velivolo, cambio di terminal con navetta di superficie e poi partenza per la costa del Pacifico, questa volta niente ristoro, la Delta risparmia su sandwiches e pasti e l'unico optional che ci offre sono turbolenze di grado elevato, l'unica fortuna è che dormicchio e non le sento affatto, per quanto, mi dicono, siano state notevoli.
In compenso non mi faccio mancare niente, perché a causa della precipitosa risalita da parte del pilota per evitare le suddette, lo sbalzo di altitudine evidentemente mi causa un abbassamento di pressione e comincio a perdere lucidità, sudo freddo e comincio a stare male. Non mi era mai capitata una cosa del genere, ma grazie a Francesco che era seduto accanto a me ed aveva avuto un'esperienza simile, mi ha aiutato e con l'integrazione di zuccheri mi sono ristabilito presto.
Questa mi mancava.




L'arrivo a San Diego.

A San Diego siamo arrivati in perfetto orario, navetta per il Comfort Inn, a nord della Old Town, dove abbiamo trovato dei regali da parte dell'amico Steve Chane che domani ci aspetta al Comicon, e poi a cena nel vecchio quartiere al ristorante il Coyote, consigliato dal tassista, cucina messicana con tacos, enchilada e burritos e poi, a pancia piena a letto a svenire tutti quanti dopo quasi 24 ore di viaggio, tra una cosa e l'altra.



Il ristorante nella "old town" della città: il Coyote.

Tuttavia, non so se sia per la digestione del burritos, per il condizionatore che insuffla aria gelida alternandola al caldo normale, per il piumone che a volte devi tenere e a volte togliere o l'eccessiva stanchezza, sono qui, seduto sul water a scrivere queste righe, quando invece speravo in un lungo ed ristoratore sonno.

Welcome in America, Stefano!

24 giovedì.
San Diego Comicon, First day.

L'organizzazione di navette è impressionante, ci sono almeno una decina di circuiti (distinti per colori diversi) in cui pullman granturismo trasportano costantemente i visitatori ai rispettivi hotel convenzionati sparsi ai quattro lati della città, anche se dove siamo noi, nella zona Hotel Circle di Mission Valley sono concentrati molte strutture alberghiere.
Quello che colpisce, un po' come in Giappone, è la quantità di persone utilizzate per ogni tipo di servizio e lavoro, segno evidente di una struttura di previdenza e remunerazione lavorativa che facilita assunzioni e disponibilità ricettive. Al Comicon, tra sicurezza, addetti al traffico e all'organizzazione si contano centinaia di persone, c'è da dire che la mole dei visitatori è impressionante, sicuramente moltiplicata rispetto alla mia ultima visita, come gli spazi espositivi, come minimo raddoppiati, ma lo affermo probabilmente per difetto.





La Convention Hall nello splendore della sua vastità e del caos relativo.

La Convention Hall è utilizzata in tutto il suo potenziale, le entrate vanno dalla A alla L e la struttura, situata ai bordi della baia, di fronte allo stadio di baseball dei San Diego Padres e l'ingresso del "gaslight quarter" ha un bel colpo d'occhio  e sembra un'astronave sul punto di partire.
Troviamo subito Steve Chane (un collezionista e produttore di fumetti, un personaggio che è praticamente uno dei padri fondatori della manifestazione, tanto è stato presente dal suo inizio) che ci consegna il materiale promozionale ed il badge (da espositori, più estensivo), siamo suoi ospiti, evitandoci così file e fastidi notevoli.
Poi comincia il nostro tour, per contattare gli amici che sappiamo già di trovare lì, a cui abbiamo portato dei regali e per incontrarne di nuovi, da invitare a Nemoland o da contattare per ulteriori workshop e, ovviamente, per individuare il potenziale di nostri nuovi progetti.

Dall'ultima volta in cui ho partecipato, ma era il lontano 1998, le cose non sono cambiate, sono state rivoluzionate, il fumetto, principale promotore e motivo della nascita della manifestazione è, e non credo di essere smentito, diventato marginale. Nel senso che, ma qui il paragone con Lucca è inevitabile, è uno "strumento" attraverso il quale nascono le opportunità per fare business, ma non il principale, anzi. Cioè i visitatori sono lì per tutto il resto, gadget, t-shirt, videogiochi, toys, action figures, costumi ed armi, originali di tavole e sopratutto la promozione di quello che gli americani forse sanno fare meglio, cioè tutto l'entertainement con films e le serie televisive derivate dai comics con tutto il loro esportabile, la promozione e la presenza di attori e personaggi.





Allestimenti a go-go per tutto e per tutti, una gioia per gli occhi per bambini di ogni età.

Questo è il vero motore dell'interesse della manifestazione, con le dovute proporzioni e le inevitabili differenze sia continentali che culturali, tra Lucca e San Diego c'è una continuità ed una contiguità imbarazzante, segno evidente però di una tendenza globale alla trasformazione.

Qui potrebbe nascere una riflessione da ampliare magari in seguito, ed è questa: il futuro del fumetto potrebbe essere legato all'idea di lasciargli lo spazio necessario per poter partorire idee, visto che pare nasca tutto dalla creatività dei suoi autori, tutto 'sto ambaradan di roba. Perché una cosa è certa, il fumetto sarà anche relegato nello scantinato del business, ma di sicuro le sue idee stanno tenendo in vita una gran bella parte di Hollywood, visto come sta saccheggiando l'immaginario di questo settore da ogni parte.
Ma questo rappresenta anche il meglio della "filosofia" americana del business, che prende le novità da ogni parte, nobilitando in questo la genialità delle idee ovunque si trovino.

Perciò il futuro potrebbe attenderci (noi fumettisti, intendo), sotto forma di una piccola riserva indiana, dove farci sfogate con i nostri "giochini" e dove tenerci sotto controllo per darci l'opportunità di partorire le nostre idee, quelle migliori, le fortunate, premieranno il rispettivo autore con dei remuneratissimi diritti d'autore, che gli permetteranno una vita migliore, alla faccia dei "balloons".


Detto questo, c'è da dire che gli autori (sia dell'animazione che del fumetto e dell'illustrazione) si sono guadagnati  degli spazi di autonomia, nel senso che eseguono
commissions -in realtà o fanno già da anni- cioè vendono disegni realizzati ad hoc per chi li richiede, garantendosi una rendita materiale diretta e meno subordinata ai collezionisti che, peraltro, sono presenti in grande quantità.
Ma vedere molti nomi anche importanti, tutti concentrati nella stessa zona allineati uno accanto all'altro (ma spesso senza nessun committente di fronte, o almeno non così cospicui) che si girano i pollici e chiacchierano tra loro, mi fa rimpiangere le dedicacés francesi che hanno magari il merito di vendere, loro sì, almeno quel vecchio oggetto chiamato "libro". Poi magari oggi era un giorno particolare, ma non ho visto file di fronte a Mignola, Moeller, John Van Fleet, Scott Hampton, autori importanti e che ho sempre ammirato per la loro produzione, ripeto, forse non era il giorno giusto, ma vi garantisco che gente c'è n'era moltissima comunque e, almeno si dice, che nei giorni un po' marginali a queste manifestazioni, si aggirino i lettori ed i personaggi maggiormente interessati ad avere contatti più intensi con i loro beniamini, visto la tendenza ad essere meno congestionato il parterre.
Degno di nota, ma di un kitsch e di una ostentazione imbarazzante, lo stand di Alex Ross, centrale, enorme e con lui seduto su una poltrona (di due con annesso divano in pelle) in attesa di firmare originali o non so cos'altro, ma che intorno non aveva nessuno. Intendiamoci, se poteva permettersi tutto quello, è segno evidente che ha ragione lui, ma mi sono sentito a disagio per lui. 
Son fatto così, scusate.
Così come nella parte dedicata maggiormente agli autori dell'animazione c'erano, nella stessa condivisione di spazi, personaggi come Alex Nino o Sergio Aragones, ed è qui che abbiamo incontrato i nostri amici Bobby Chiu e Key Acedera, Pascale Campion e Stephen Silver.




Abbiamo visto e trovato originali di illustratori eccezionali e di periodi d'oro degli anni 50-60, delle splendide glauche o oli di Bernie Fuchs, Bob Peak, Austin Briggs, ma addirittura Leierdecker, Dean Cornwell, Frazetta e Robert Heindel, dei maestri indiscussi ma che, a detta dei collezionisti adesso quasi nessuno conosce, i giovani neanche sanno chi sono. 

E credetemi, non esiste lavoro realizzato a Photoshop che possa reggere il paragone, ma anche questo è un vecchio discorso ed un inevitabile segno dei tempi.

Incontrato Tommy Moore e Chris Sanders, è scambiato quattro chiacchiere col simpatico Jason Felix, due saluti a Simone Bianchi, forse l'unico italiano presente e poi un ubriacatura di cose da vedere, gente, novità, file interminabili non si sa per cosa, Cosplayers di ogni tipo, famiglie intere vestite da personaggi di Star Wars e mille altri characters.
Il pranzo ad un ristorante spagnolo (il primo trovato) all'inizio del gaslight quarter, fuori dal caos della manifestazione, ma anche lì la bolgia non era indifferente.




La serata a La Mesa, nella dimora della famiglia Chanes.


Una foto con Steve, con in mano la strip di Milton Caniff in cui, il personaggio con la barba (si intravede) è lo stesso Steve, suo amico ed editore, un pezzo di storia del fumetto.

Cena da Steve e famiglia a La Mesa, la signora Ann ci ha deliziato con degli splendidi appetizers in stile messicano ed una cena a base di pasta e carne, ottima la cucina e fantastica l'ospitalità.
Una particolarità degna di nota, Steve, anni fa ha prodotto con fumetti e portfolios autori anche come Toth, ma ci ha fatto vedere due a strips incredibili dove il grande Milton Canniff in un episodio del suo Steve Canyon, lo ha ritratto personalmente tra i suoi personaggi.
Non potevamo esimerci da farci una foto insieme e con la strips in questione incorniciata, tra parentesi, Steve è una persona dalla gentilezza squisita e una disponibilità imbarazzante, un amico davvero speciale.
Ci aspetta il secondo giorno, si riparte...adesso però, perché sono già sveglio almeno da un'oretta.

25 venerdì. Comicon second day.

Abbiamo ancora cose da fare, regali da consegnare ed amici da contattare ma, almeno secondo i piani, abbiamo un'idea più precisa della manifestazione e dovremmo muoverci con più disinvoltura...questo almeno secondo i piani, ma c'è ancora più gente, ci si muove peggio e non troviamo di primo acchito chi cerchiamo, finendo così per perderci in bambinate.
Luca incontra di nuovo lo spazio in cui Lou Ferrigno, il primo Hulk di televisiva memoria della nostra generazione, e non riesce a rinunciare ad un autografo su foto ed una polaroid che lo ritrae con il muscoloso personaggio televisivo.
La cosa più bella è stato però il suo sorriso, radioso come quello di un bambino soddisfatto dei regali natalizi, avreste dovuto vederlo.
Ancora in giro e troviamo, proprio di fronte allo stand di Stephen Silver un altro personaggio assurto agli onori della cronaca per la sua enorme popolarità in uno"sport" che ho avuto modo di apprezzare quando mio figlio prese una sbandata per lui: il wrestling, c'era infatti, in promozione non so bene di cosa, Hulk Hogan...due Hulk nell'arco di una stessa mattina, ironia della sorte.
Stessa trafila ma, questa volta, nonostante si assuma tutti gli oneri di spesa, Luca pretende che sia io a tenergli compagnia nella foto, non posso esimermi, e mi ritrovo, insieme a lui con il muscoloso personaggio accanto che ci sovrasta con la sua mole.
Oltre che a sbrigare le nostre incombenze, il pomeriggio andiamo alla conferenza di Tomm Moore e Paul Young director rispettivo produttore del filma d'animazione "Brendan ed il segreto di Kells", abbiamo modo, oltre che a gustarci alcuni frammenti del nuovo film "The song of the sea" davvero molto belli, anche di riposare un po'.




Tomm Moore e Paul Young mentre firmano il loro artbook, allo stand Stuart NG Books.

I due, oltre che prossimi ospiti della nostra prossima Nemoland, devono anche dedicarci il making of del loro primo film che, a suo tempo entrò nella cinquina dei candidati all'Oscar per la specialità.




Mike Tyson allo stand Warner Bros in promozione alla sua serie televisiva a cartoon dove il protagonista ha le sue sembianze.


Matt Dillon ed altri attori in promozione di una loro non ben precisata serie televisiva...non chiedetemi quale.

Ma già da oggi abbiamo modo di verificare con mano la profonda mutazione della manifestazione, e cioè l'enorme virata in direzione del cinema e la televisione, si sprecano gli incontri con i divi del grande e piccolo schermo, e ci troviamo infatti di fronte alla calca per fare una foto a Mike Tyson o al gruppo di attori di una serie di cui non ricordo il nome con in testa Matt Dillon e il protagonista di origine indiana della serie Numbers.
Tra gli autori forse c'è un maggiore movimento, ma intravedo l'immenso Dave McKean da solo nello spazio della prestigiosa Allen Spiegel Fine Art, e un po' mi dispiace per lui, memore di altri momenti di maggiore gloria (che, persone o meno, rimane immutata).

Da notare le fantasiose maschere di Cosplayers, qualcuna davvero carina, altre meno belle ma dotate di ironia (come una principessa Leyla interpretata da un gigante filo asiatico che tutto aveva meno della femminilità richiesta), altre per l'improbabilità del l'assorbimento, come un Superman segaligno completamente privo de "le phisique du role" necessario, un gigantesco fauno con annesso anche zampe posteriori che, con un complicato meccanismo di fili e riporti si muovevano in sincrono con quelle anteriori (quelle vere), o una splendida Poison Ivy con due tutte stratosferiche ed un fisico palestrato costruito per mettersi in mostra, cose comunque sempre divertenti da annotare.
Oppure come l'imponente, quanto secondo me esagerato, seguito di guardie del corpo di Hulk Hogan, troppe, nessuno aveva intenzione di aggredirlo e, visto la stazza, mi sembrava sufficientemente munito di solidi muscoli per farsi rispettare, spesso una stazza migliore di chi, sulla carta, avrebbe dovuto difenderlo.




Io e Luca con Hulk Hogan, mito del wrestling e personaggio di grande popolarità.


Io, a dire la verità, della Convention sarei già pieno, ma dubito che domani rinunceremo a tornare un'altra volta, l'ho ripetuto in altre occasioni, non ho più la tenuta per certe cose, il casino, la moltitudine indiscriminata di persone e l'inutilità di molte cose (sempre a mio parere) riducono i miei livelli, tra l'altro già minimi, di sopportazione.




Cena al Marriott, con Stephen Silver e la moglie Heidi e i Bancroft Bros.

Breve salto in albergo e poi di nuovo al Marriott (ceravamo andati anche il giorno a pranzo) per andare al Roy's Restaurant dove ci aspettavano i Bancroft Bros. con Stephen Silver e consorte per una cena insieme, cena a base di pesce nella splendida cornice tra i due buildings del Marriott, su vista dei pernottatori in fila per le première del giorno dopo, presenti alla manifestazione, una fila di persone munite di sacco a pelo lunga alcune centinaia di metri, in attesa che l'indomani mattina aprissero gli ingressi per le anteprime dei films in programma.
Buon per loro.
Poi diretti come fusi al Comfort Inn per cercare di mettere qualche ora di sonno insieme, perché almeno a me, mi pare che il jet legs non abbia esaurito ancora le sue prepotenti peculiarità.

Adesso ripongo tutto e vado a nanna.

26 venerdì. Third day.

Non ne posso sinceramente più, e non avrei più voglia di muovermi tra migliaia di membra accaldate dal movimento, e stecchite al tempo stesso dal condizionamento dell'aria, visto che oggi è domani si prevede il massimo delle presenze che a me sembravano già sufficienti i giorni precedenti, ma il dovere ci chiama.
Non siamo qui solo per vacanza, ma per rinsaldare e creare nuovi rapporti di collaborazione con professionisti che verranno alla nostra scuola.

Il panorama è il medesimo, Cosplayers sempre più professionali e ragazze mascherate in modo da permettere loro una visibilità caleidoscopica, animano il parterre del Convention Centre. Tra neri giganteschi, supertatuati in ogni dove, palestrati che esibiscono il bicipite steroideo, cougar improbabili e MILF con costumi di due generazioni più adatte, enormi obesi dai movimenti impossibili, insomma, tutta la fauna americana possibile ed immaginabile.
Tra i personaggi famosi fuori dall'ambiente del fumetto, si ripresentano ancora Ferrigno ed Hulk Hogan, e poi star del cinema e della televisione, Orlando Bloom e ......, una protagonista di Glee, Norman Judge al quale Luca non resiste per un autografo e foto.



Lo scrittore Chuck Palahniuk mentre autografa il suoi ultimo libro.

Noi, oltre che a salutare gli amici dei giorni precedenti, incontriamo LironTopaz e Nathan Fowkes e conosciamo: John Nevarez, Armin Geller e la leggenda dell'animazione Nick Ranieri con cui andiamo a pranzo nuovamente al Marriott, insieme ai fratelli Bancroft.
Gironzolando tra gli stand ho incontrato Kent Williams e Dave McKean, Jim Steranko, Dan Yeagle, Scott J, Campbell, Donato Giancola, Greg Spalenka e sopratutto e sopra a tutti Bill Sienkiewicz, l'autore che più di tutti -e per me che sono per mia natura un isolato individualista non è poca cosa- quello che considero uno dei più grandi maestri della nona arte, per la sua genialità ed originalità, per la capacità di rinnovarsi con l'energia potente di chi ha avuto l'ispirazione non dal mondo dei comics ma da quelle dell'illustrazione più innovativa dei decenni passati, e cioè attraverso lo studio di autori come: Bob Peak, Bernie Fuchs, Robert Heindel e Barron Storey (anch'esso ospite della manifestazione), assorbendone la capacità interpretativa unità ad una sua poderosa tecnica pittorica e facendone, a mio parere, uno dei più innovativi autori di comics del panorama americano degli ultimi decenni.
L'ho conosciuto, abbiamo scambiato, poche battute e ci siamo fotografati scambiandoci i rispettivi artbook, e qui sono stato felice almeno come Luca quando si è fatto fotografare insieme a Lou Ferrigno, su questo fronte abbiamo pareggiato 1 a 1, ma la mia era non solo ludica, ma una soddisfazione professionale.




Il momento topico in cui ho incontrato Bill Sienkiewicz il grande disegnatore americano, un tempo mio grande ispiratore, e dove ci siamo scambiati i relativi artbook.


Il continuo vai e vieni del pubblico fuori e dentro la manifestazione, una baraonda continua che si estendeva con soluzione di continuità anche all'esterno e nelle strade della cittadina.

La calca è sempre maggiore e l'inevitabile paragone con la nostra Lucca Comics è scontato, e al tempo stesso difficile, l'organizzazione è notevole e le persone impiegate probabilmente in numero maggiore, ma la dislocazione cittadina sparsa in tutto il centro lucchese e invece la concentrazione massiccia nella struttura ricettiva americana ne sottolineano sia le differenze di gestione sia i difficili parallelismi.
Abbiamo il tempo di cambiarsi in albergo, ma è letteralmente una toccata e fuga, poi di corsa in centro nel "gaslight quarter" che pullula della movida sandieghese, i locali e le strade zeppe di gente, ragazzi e ragazze per consumare con tutte le sue aspettative questo sabato di fine Luglio, noi siamo stati invitati al ristorante Ray do Gado ad una cena organizzata da Bobby Chiu con tutti i suoi collaboratori di Schoolism, la sua scuola on-line, qui ritroviamo Nathan Fowkes e Terryl Witlatch, Stephen Silver e la moglie Heidi, Louis e Ronnie Del Carmen,  Armand Balthazar  e moltissimi altri personaggi di Pixar e Dreamworks con cui abbiamo scambiato i biglietti da visita con frequenza maniacale. La cena nella churrascheria con cucina brasiliana a base di carne cucinata alla brace, servita direttamente dai camerieri che tagliavano i tranci dagli spiedi direttamente al tavolo, è stata ottima, e la frequenza con cui i camerieri venivano al tavolo proponendoci tagli con carne diversa, ci siamo spiegati successivamente che fosse dovuta al nostro entusiasmo con cui accettavano le offerte, come si sa, noi italiani a tavola facciamo sempre la nostra figura, e anche qui non abbiamo deluso le aspettative. Temevamo ritorsioni notturne ma, vuoi la stanchezza o probabilmente la bontà della cottura, la notte è stata piuttosto tranquilla, anche perché, giorno dopo giorno, ci abituiamo sempre di più agli orari della costa ovest, pardon west coast, cominciamo a dire le cose come stanno.

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