topolino


27 marzo 2013

Ladies and Gentlemen...

Sabato è iniziata una esposizione di tavole originali tratte dalla graphic-novel "Di altre storie e di altri eroi" presso la Galleria la Virgola a Castiglioncello,  organizzata con il patrocinio del Comune di Rosignano Marittimo. Una mostra che durerà fino al 6 Maggio e che sarà aperta ad orari umani tutti i fine settimana, festività incluse.



La locandina della manifestazione.


Come sempre, quello che vi scrivo è già storia, ed è cioè una semplice testimonianza di questa esperienza che, a differenza di altre, ha dinamiche un po' diverse dalle altre mostre alle quali ho partecipato in passato.
Perché da queste parti io ci sono nato, svezzato e cresciuto e, come se non bastasse, anche il libro di cui esponevo alcune tavole parla proprio di questo territorio, con testimonianze e racconti di storie comuni, fatto di personaggi che ci hanno vissuto ed inseriti in panorami condivisi. 
Un bel mix.




L'ingresso della Mostra in Piazza Vittoria a Castiglioncello (LI).



Alcune sale prima dell'inaugurazione


Una delle tre bacheche che contenevano le varie produzioni, da Nathan Never, (ma solo una parte, non c'era lo spazio per contenere l'intera serie di albi realizzati) ad Hasta la Victoria!, da Moonlight Blues a Digitus Dei, da Il Demone nell'Anima a Il buio dietro alle spalle.


Io, lo confesso, sono un po' cialtrone nell'animo, ho una visione spesso alterata della vita, al punto che a volte mi immagino cose diverse da quelle che, con un minimo di buon senso, invece mi dovrei aspettare, e senza neanche meravigliarmi di come sono, tanto sono normali.
Perciò è curioso il modo con cui mi ero costruito, nella mia immaginazione, il momento dell'inaugurazione che come convenuto doveva essere all'auditorium. Ora, come tutti gli auditorium, questi sono costituiti da poltroncine più o meno comode ed un tavolo da conferenza dove, normalmente, siedono chi ha qualcosa da dire ed è invitato per dirlo ... in questo caso chi aveva qualcosa da dire sarei dovuto essere io, visto che avevo anche incaricato un paio di amici di presenziare e "commentare" l'inaugurazione della mostra.
Allora, perché quando sono entrato dentro al salone, dopo avere visto ciò che era normale vedere, mi sono stupito di quello che ho trovato?
Il bello è che mi son detto fra me e me: "E' certo, questo è l'auditoruim...in effetti così son fatti...." rimanendo stupito che da lì a qualche momento ci sarei dovuto salire io, su quel palco e, novantanove su cento avrei anche dovuto dire qualcosa.
Non era nell'ordine naturale delle cose?
Cosa c'era da stupirsi?
Lasciamo perdere.


Tuttavia, senza voler apparire sfrontato, ormai direi che sono abbastanza abituato a parlare in pubblico, abbiamo fatto già diverse corvè e, per quanto sia da sempre un timido recalcitrante di fronte ad una platea, riesco a non avere più quei patemi che mi rendevano asfittico quando alle elementari dovevo salire sul palco e cantare in coro. Non ci emozioniamo più e, addirittura, siamo capaci di fare perfino battute con una disinvoltura talvolta irritante.
Ma il pubblico di sabato non era un pubblico "anonimo" ... eh sì, esiste anche il pubblico "personalizzato", e quello che avevo di fronte era proprio di quel tipo, e cioè erano tutte persone che mi conoscono da sempre, da quando avevo i calzoni corti e andavo a scuola con quella cartellona rigorosamente di pelle che pesava tonnellate. 
Un pubblico fatto di gente che in un modo o nell'altro sa chi sei, da dove vieni e, di fronte a loro, ti senti come vestito solo da una foglietta di fico, come fossero i custodi di chissà quali segreti di cui temi svelino i retroscena.
Fa così. 
A voi no?

Ma non ci sono stati problemi, solo nubi passeggere scomparse quando ci siamo messi a sedere sulle sedie del palco e, scrutando tra il pubblico hai compreso che non erano lì per aspettare che tu facessi un passo falso per riderne, ma forse per cercare di capire in che modo, quel ragazzino che stava sempre a disegnare, ha trasformato questa insana mania in una professione.




Il momento dell'inaugurazione, la presentazione della mostra all'auditorium di Castello Pasquini, da sinistra a destra nell'ordine: Marcello Gattini, il vicesindaco Daniele Donati, il sottoscritto e Umberto Falchini.



La sala dell'auditorium, da questa immagine sembra più un convengo dell'UNI 3 (l'università della terza età), che l'inaugurazione di una mostra di fumetti, e in effetti un segnale preoccupante, ma lo è da anni, è la totale endemica assenza in queste manifestazioni degli under 25.


Poi il vicesindaco Daniele Donati ha introdotto l'incontro, Marcello Gattini si è concentrato sulle condivisioni generazionali e sulle caratteristiche di quello che è stato vivere certe esperienze in un paese come Rosignano, fatto di anomalie per niente comuni, un breve interludio del sottoscritto per contestualizzare alcune particolarità della storie e descriverne in parte il suo senso, finendo con Umberto Falchini che si è concentrato, con entusiasmo e dialettica contagiosa sulle caratteristiche del segno e del mio stile.
Il tutto in tempi perfetti, senza sbavature ed evitando quegli sbadigli che tanto temevo e che sono l'ineluttabile segnale della noia che sopravviene quando si è finito di prestare attenzione a ciò che è obbligatorio sorbirsi per contratto, ma si è andati ben oltre la soglia di sopportazione.

Poi passeggiata attraverso il parco verso le sale espositive per inaugurare la Mostra.

Che dire, c'era davvero tanta gente, tanti amici, parenti, conoscenti, estimatori e tutti, a dire il vero, sembravano abbastanza felici di essere lì, ed è questa la cosa che mi ha meravigliato di più.
Certo, la confusione era tale che ognuno poteva svignarsela quando voleva, tanto nessuno si sarebbe accorto dell'assenza, ed era forse questa consapevolezza che dava serenità ai volti dei convenuti. 





Fatto sta che ho incontrato persone che non vedevo da anni, qualcuno addirittura da decenni, sono occasioni in cui la frase: "Ma ti ricordi di me?", quando specialmente è fatta da una donna assume una valenza raccapricciante perché hai una sola possibilità di cavartela, ed è quella di indovinare subito chi è, e senza tentennamenti...altrimenti è implicito come il tempo abbia fatto danni talmente irreparabili rendendola irriconoscibile e facendoti fare una inevitabile figura di merda.

La piccola entrata non ha arrestato l'ininterrotto flusso di persone che piano, piano entravano all'interno della sale per distribuirsi in modo liquido in quelle successive, erano decine e decine, non potrò nominarli tutti e, per non far torto a nessuno, in modo ecumenico seppure un po' vile, non li elencherò.
Però potrei dire che :

c'erano gli amici d'infanzia, quasi tutti, quelli con cui riesci ad organizzare qualche cena (sempre troppo sparuta) durante l'anno, e che hanno vissuto insieme con te quegli anni che consolidano le amicizie con quel coagulo indissolubile che è l'essere cresciuti insieme, condividendo le gioie, le paure e i primi amori dell'età dell'innocenza, quando l'amicizia è una cosa naturale anche se basata talvolta su principi un po' primitivi, quell'amicizia che ti permette di ridere e prenderti in giro senza mai offenderti di niente perché l'altro sa esattamente fino a dove potersi spingere.





Gli amici dell'adolescenza, quel periodo complicato che stravolge tutto il tuo universo trasformandolo e trasformandoti e che ti traghetta dal periodo dell'ingenuità a quello della consapevolezza, nonostante tutte le tue immaturità, amici che hanno subito qualcosa, perché sono rimasti vittime di incidenti di percorso, magari da piccole incomprensioni, travolti anch'essi da queste trasformazioni.


Potrei parlare delle molte dediche sui libri piegato su una bacheca di cui nessuno ha visto il contenuto perché coperta dal sottoscritto che, fermatosi per una firma, non si è più mosso da quella postazione fino all'orario di chiusura. 

Persone sconosciute (o sottostanti alla legge del riconoscimento mancato) che ti stringono la mano sorridendoti con complicità, di una complicità che non sai con chi condividere, ma che per educazione contraccambi.

O le vecchie insegnanti che ti guardano con l'aria di chi pensa "Ah, averne avuti come lui..." non immaginando che sono stato uguale a tutti gli altri e in certi casi forse anche un po' peggio.

Vecchi cultori delle tecniche grafiche che ti chiedono il perché dell'uso di quella tonalità giallastra del fondo, se adoperi l'acquerello puro e il tipo di carta usato ... non ricordando di avere condiviso momenti insieme nella realizzazione delle scenografie dell'ultima opera lirica rappresentata al Teatro Solvay in cui era lui ad essere un punto di riferimento per me, con la sua tecnica di pittura un po' elementare sì, ma così efficace.

Quelli che non ti aspetti di trovare lì, e sono un'autentica sorpresa.

Chi attraverso la condivisione di questa circostanza ha ricordato mio padre, con i suoi insegnamenti e, come spesso accade, svelandoti quei lati oscuri delle persone che ti stanno accanto e che non sai mai davvero sicuro di conoscere e, nel ricordo, ti sei commosso anche un po'.





Tutto un mondo che è bello riscoprire, sapere che è lì, che ti aspetta e a suo modo ti vuole anche un po' di bene e gioisce dei tuoi successi perché in fondo, anche se magari non li capisce del tutto, si sente parte di questi.

Quando finisce tutto e le luci si spengono ti senti completo, riempito di un qualcosa che forse scoprirai cosa sia soltanto alcuni giorni dopo.
O forse no, ma non importa.

Ma c'è ancora il tempo di una cena con gli amici e una birretta di qualità, il tempo è stato clemente, non ha piovuto come minacciato dalle previsioni e la giornata è stata piena. 
In tutti i sensi.
Avercene.

Peccato che mancava Alberto.





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